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Conto corrente cointestato, il denaro versato non è automaticamente di entrambi i titolari: nuova sentenza di Cassazione

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Conto corrente cointestato, il denaro versato non è automaticamente di entrambi i titolari: nuova sentenza di Cassazione
Nonostante un conto corrente possa essere cointestato, la titolarità delle somme può essere attribuita esclusivamente a colui che ha effettivamente effettuato i versamenti? Vediamo cosa dice la Cassazione
Il conto corrente cointestato è uno strumento di risparmio e accantonamento molto diffuso nelle famiglie italiane. Molti coniugi lo utilizzano per gestire le entrate familiari, accantonare risparmi, o semplicemente per avere un conto comune su cui versare e prelevare insieme. In questi casi, i due coniugi sono titolari del conto alla pari, e si presume che le somme depositate appartengano ad entrambi. Tuttavia, questa situazione può cambiare radicalmente nel caso di separazione o divorzio, portando a significative controversie legali.

Qual è il quadro normativo in materia?
L’articolo 1854 del codice civile stabilisce che, quando un conto corrente è intestato a più persone con la facoltà di operare separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori solidali per i saldi del conto, senza che venga presa in considerazione la provenienza effettiva dei fondi. In altre parole, entrambi i coniugi sono responsabili nei confronti della banca per eventuali debiti, ma, a livello pratico, si presume che le somme depositate siano condivise equamente, salvo che non venga fornita prova contraria.
Sebbene ci sia una responsabilità solidale nei confronti della banca, l’articolo 1298, comma 2, del codice civile stabilisce che, nei rapporti interni tra i cointestatari, la presunzione è che ciascuna parte sia uguale, salvo prova contraria. In altre parole, all’interno del rapporto tra i cointestatari, ciascun titolare ha la possibilità di dimostrare una diversa ripartizione delle somme, rispetto a quanto presunto dalla legge. Anche se formalmente il conto è cointestato, uno dei coniugi può provare dunque che le somme appartengono solo a lui, qualora riesca a fornire prove adeguate della provenienza del denaro.

Nel contesto delle separazioni o divorzi, questa presunzione di condivisione dei fondi cointestati può generare difficoltà e discussioni.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 1643 del 23 gennaio 2025, ha chiarito che, in caso di divorzio, il denaro depositato su un conto cointestato non appartiene automaticamente a entrambi i coniugi. E questo vale, a maggior ragione, per i casi in cui il versamento derivi da strumenti finanziari nominativi, come gli assegni circolari. Il principio statuito è che, se uno dei cointestatari può fornire prove precise e concordanti che le somme depositate provengono esclusivamente da lui, il denaro può essere considerato di sua proprietà esclusiva.
Un esempio concreto può essere quello di un coniuge che, durante il matrimonio, ha effettuato versamenti sul conto cointestato utilizzando il proprio reddito o patrimonio, mentre l’altro coniuge non ha contribuito. In questo caso, anche se il conto è formalmente cointestato, la proprietà del denaro potrebbe essere riconosciuta esclusivamente a chi ha effettuato i versamenti, a condizione che quest’ultimo fornisca prove adeguate della provenienza delle somme.

Quali i fatti?
Nel caso specifico trattato dalla Corte di Cassazione, un coniuge aveva chiesto la restituzione di una somma di 200.000 euro prelevata dal conto cointestato con l’ex marito. Quest'ultimo sosteneva di avere diritto alla metà del saldo, essendo il conto cointestato. Tuttavia, la Corte ha accolto il ricorso della donna, stabilendo che la somma proveniva esclusivamente da assegni circolari a lei intestati. Questo elemento è stato determinante per la decisione dei giudici, i quali hanno ritenuto che, in virtù della provenienza del denaro da titoli nominativi a lei intestati, il denaro apparteneva esclusivamente alla titolare dell'assegno, e non poteva essere considerato una risorsa condivisa tra i due.

La sentenza ha ribaltato così la presunzione di contitolarità prevista dall’articolo 1854 citato. Si comprende la rilevanza dell'impatto di questo principio, soprattutto nei contesti di forte conflittualità dove i coniugi, spesso, si trovano a disputare su chi ha diritto alle somme depositate su un conto cointestato. Se uno dei coniugi può fornire prove adeguate che i fondi provengono esclusivamente dal proprio reddito o patrimonio, potrà rivendicare la proprietà esclusiva di tali somme. In questo scenario, per evitare conflitti, è fondamentale mantenere una documentazione accurata delle fonti dei versamenti e stabilire accordi chiari sull’utilizzo del conto.

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