Previste e tutelate dalla legge 281/1991 che contempla competenze regionali in materia, le colonie feline sono formate da più gatti che vivono in libertà - stabilmente in un determinato territorio o luogo urbano o rurale - senza un proprietario specifico, ma solitamente accuditi e nutriti da coloro che, nel linguaggio comune, sono chiamati "gattari": ossia volontari o cittadini sensibili al loro benessere.
Tra gli spazi che possono costituire colonia felina ci sono i parchi o i cortili, come pure i condomini. E, proprio nei caseggiati, talvolta dette colonie possono essere fonte di diverbio tra i proprietari delle abitazioni e gli addetti al loro accudimento (talvolta essi stessi proprietari). I primi, infatti, potrebbero lamentarsi per ragioni legate alla pulizia e igiene delle aree comuni (ad esempio odori sgradevoli e escrementi lasciati in aiuole o aree comuni), ai miagolii nelle ore notturne, a un'asserita errata gestione del cibo (come ciotole di cibo abbandonate che possono attirare insetti, roditori o uccelli), ai danni a piante, arredi esterni e beni privati, alle intrusioni in garage o verande, oppure per semplice fastidio, paura o intolleranza per la presenza di animali nel palazzo.
Ecco perché è certamente possibile che - a seguito della segnalazione da parte di uno o più proprietari all'amministratore, di un'apposita assemblea condominiale e dell'invio di una lettera di diffida senza risultato - intervenga un successivo e immediato accertamento da parte delle autorità competenti (in particolare Asl veterinaria e polizia municipale). Queste ultime potranno acclarare la situazione di degrado legata alla cattiva gestione della colonia felina.
La legge ammette la presenza di tali habitat di animali nei caseggiati, riconosce la loro natura di esseri senzienti e tutela il loro diritto alla vita e alla cura. In virtù dell'art. 54, comma 4, del D.Lgs. 267/2000 - il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - il Comune può imporre ai "gattari" l'adozione di misure concrete per rimuovere o limitare le gravi problematiche riscontrate dai controlli (ad esempio gatti malnutriti o malati, mancanza di recinzioni, presenza di escrementi ecc.), laddove queste costituiscano rischio per la salute pubblica e per la sicurezza della collettività. Nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e dell'incolumità dell'animale, l'ente locale potrà, quindi, emanare provvedimenti motivati in modo da agire con la massima tempestività, al fine di prevenire o rimuovere situazioni di pericolo per l'incolumità collettiva.
Ecco perché è certamente conforme alla legge l'ordinanza contingibile e urgente - adottata per ragioni igienico-sanitarie - che arrivi a imporre lo spostamento dei quadrupedi della colonia felina in altro luogo idoneo. E, oltre alle molestie e alle possibili conseguenze risarcitorie (come affermato dalla Cassazione con sentenza 49298/2012), il volontario dell'assistenza ai gatti potrebbe essere riconosciuto responsabile del reato di getto pericoloso di cose di cui all'art. 674 del c.p., se è provato che le esalazioni maleodoranti, provenienti dagli escrementi prodotti dagli stessi, recano offesa al benessere dei condomini e al sereno svolgimento della loro vita di relazione.
Concludendo, per prevenire e risolvere i conflitti in tema di gestione delle colonie feline nei condomini, sono buone regole la sterilizzazione e il periodico controllo sanitario dei gatti, l'alimentazione ordinata, in orari e luoghi precisi, con pulizia delle ciotole e un costante dialogo tra condomini, con coinvolgimento del Comune o dell'Asl, per spiegare i diritti e doveri legati alla colonia. Anche l'affissione di cartelli informativi potrà contribuire a evitare contrasti, educando e rassicurando i residenti.
Tra gli spazi che possono costituire colonia felina ci sono i parchi o i cortili, come pure i condomini. E, proprio nei caseggiati, talvolta dette colonie possono essere fonte di diverbio tra i proprietari delle abitazioni e gli addetti al loro accudimento (talvolta essi stessi proprietari). I primi, infatti, potrebbero lamentarsi per ragioni legate alla pulizia e igiene delle aree comuni (ad esempio odori sgradevoli e escrementi lasciati in aiuole o aree comuni), ai miagolii nelle ore notturne, a un'asserita errata gestione del cibo (come ciotole di cibo abbandonate che possono attirare insetti, roditori o uccelli), ai danni a piante, arredi esterni e beni privati, alle intrusioni in garage o verande, oppure per semplice fastidio, paura o intolleranza per la presenza di animali nel palazzo.
Ecco perché è certamente possibile che - a seguito della segnalazione da parte di uno o più proprietari all'amministratore, di un'apposita assemblea condominiale e dell'invio di una lettera di diffida senza risultato - intervenga un successivo e immediato accertamento da parte delle autorità competenti (in particolare Asl veterinaria e polizia municipale). Queste ultime potranno acclarare la situazione di degrado legata alla cattiva gestione della colonia felina.
La legge ammette la presenza di tali habitat di animali nei caseggiati, riconosce la loro natura di esseri senzienti e tutela il loro diritto alla vita e alla cura. In virtù dell'art. 54, comma 4, del D.Lgs. 267/2000 - il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - il Comune può imporre ai "gattari" l'adozione di misure concrete per rimuovere o limitare le gravi problematiche riscontrate dai controlli (ad esempio gatti malnutriti o malati, mancanza di recinzioni, presenza di escrementi ecc.), laddove queste costituiscano rischio per la salute pubblica e per la sicurezza della collettività. Nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e dell'incolumità dell'animale, l'ente locale potrà, quindi, emanare provvedimenti motivati in modo da agire con la massima tempestività, al fine di prevenire o rimuovere situazioni di pericolo per l'incolumità collettiva.
Ecco perché è certamente conforme alla legge l'ordinanza contingibile e urgente - adottata per ragioni igienico-sanitarie - che arrivi a imporre lo spostamento dei quadrupedi della colonia felina in altro luogo idoneo. E, oltre alle molestie e alle possibili conseguenze risarcitorie (come affermato dalla Cassazione con sentenza 49298/2012), il volontario dell'assistenza ai gatti potrebbe essere riconosciuto responsabile del reato di getto pericoloso di cose di cui all'art. 674 del c.p., se è provato che le esalazioni maleodoranti, provenienti dagli escrementi prodotti dagli stessi, recano offesa al benessere dei condomini e al sereno svolgimento della loro vita di relazione.
Concludendo, per prevenire e risolvere i conflitti in tema di gestione delle colonie feline nei condomini, sono buone regole la sterilizzazione e il periodico controllo sanitario dei gatti, l'alimentazione ordinata, in orari e luoghi precisi, con pulizia delle ciotole e un costante dialogo tra condomini, con coinvolgimento del Comune o dell'Asl, per spiegare i diritti e doveri legati alla colonia. Anche l'affissione di cartelli informativi potrà contribuire a evitare contrasti, educando e rassicurando i residenti.