Nello specifico, la donna chiedeva la restituzione dell’appartamento in comodato d’uso per soddisfare le esigenze familiari di quest’ultimo. La mamma ritiene che, essendo venuti meno i bisogni familiari del figlio, poiché sia il primo sia il secondo vincolo matrimoniale si sono dissolti, il contratto di comodato debba ritenersi sciolto.
Questa tesi non convince il Tribunale. I Giudici ritengono, infatti, che poiché il comodato, ai sensi dell’art. 1804 del Codice Civile è un contratto intuitu personae e il diritto di utilizzazione risulta concesso per tutta la durata in cui l’immobile dato godimento risulti necessario alla famiglia del comodatario, tale concessione resta in piedi finché la necessità addotta non venga meno.
Nello specifico, non è possibile inferire la cessazione del comodato per il venir meno della specifica, iniziale, destinazione a seguito della rottura del primo vincolo matrimoniale, né del secondo rapporto coniugale: le esigenze della famiglia del convenuto permangono anche all’interno del nuovo nucleo familiare così come si è evoluto, anche in seguito alla disgregazione della sua identità originaria.
Per il tribunale, ai fini della concessione o restituzione dell’appartamento concesso in comodato, non rileva che il nucleo familiare cambi.
Peraltro l'attrice, proprietaria dell’immobile, non ha mai chiesto la restituzione dell’abitazione, nemmeno dopo la disgregazione dei legami affettivi né, ha mai dedotto la sopravvenienza di un suo bisogno urgente alla base della richiesta. Si è solamente limitata a sostenere in giudizio l’occupazione abusiva dell’immobile in seguito alla fine dei due matrimoni.