Chi ha diritto ad utilizzare la cannabis terapeutica?
Non bisogna confondere la cannabis ad uso terapeutico con lo "spinello". Non sono la stessa cosa.
La principale differenza risiede nella percentuale di principi attivi contenuti nella cannabis: nella cannabis terapeutica ne è presente una quantità inferiore.
In linea generale, la cannabis è una pianta che contiene prevalentemente due principi attivi: il tetraidrocannabinolo (THC) e il cannabidiolo (CBD).
Attualmente, sono disponibili due sostanze attive di origine vegetale a base di cannabis di produzione nazionale, a diverso contenuto di THC e CBD: la cannabis FM1 e la cannabis FM2. Mentre nella cannabis FM1 il THC è compreso tra il 13% e il 20% e il CBD è inferiore al 1%, nella cannabis FM2 il THC va dal 5% all’8% e il CBD si attesta tra il 7,5% al 12%.
In particolare, la cannabis FM2 è prodotta in Italia seguendo un processo produttivo controllato ed eseguito in uno stabilimento farmaceutico autorizzato (Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze) e distribuita alle farmacie per la preparazione di trattamenti terapeutici, in conformità alle direttive del Ministero della Salute e dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA).
Quindi, la cannabis a uso terapeutico si acquista soltanto in farmacia, ma è sempre necessaria la prescrizione di un medico.
Per quali patologie possono essere prescritti farmaci contenenti cannabinoidi?
Quando i trattamenti convenzionali non bastano per contrastare la patologia (ad esempio, non producono alcun effetto perché il paziente ha sviluppato una farmacoresistenza che rende inefficace l’uso di altri medicinali), la cannabis terapeutica può essere prescritta da qualsiasi medico curante.
Pertanto, l’impiego della cannabis terapeutica deve essere considerato come un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti tradizionali, se questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati oppure hanno comportato effetti secondari o collaterali non tollerabili.
Ovviamente, i medici dovranno rispettare le regole dettate dal Ministero della Salute nel prescrivere le cc.dd. preparazioni magistrali a base di cannabis.
In linea generale, con “preparazioni magistrali” ci si riferisce ai medicinali preparati in farmacia in base ad una prescrizione medica destinata ad un particolare paziente. Le prescrizioni magistrali sono disciplinate dall’art. 5 del d.l. n. 23/1998, convertito dalla L. n. 94/1998.
I medici devono seguire la legge vigente (cioè, la L. n. 94/1998), integrando le prescrizioni con tutte le informazioni necessarie (compreso il consenso informato), i dati anonimi relativi a età, sesso, posologia in peso di cannabis ed esigenza di trattamento per fini statistici.
Dunque, per quali patologie si ha diritto alla cannabis terapeutica?
La normativa (una serie di Decreti del Ministero della Salute: il D.M. del 09/11/2015, il D.M. del 25/06/2018 e il D.M. del 23/01/2023 con le tabelle dei medicinali a base di cannabis) elenca le patologie per cui è possibile l’impiego della cannabis terapeutica.
Nello specifico, la cannabis a uso medico può essere utilizzata nei seguenti casi:
- in presenza di patologie che comportano spasticità associata a dolore (come sclerosi multipla o lesioni del midollo spinale), quando la terapia tradizionale è inefficace;
- nell’ipotesi di nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie farmacologiche contro HIV ed AIDS, quando i trattamenti convenzionali non possono raggiungere gli stessi effetti;
- nel caso di dolore cronico (in particolare, il dolore neurogeno), se il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con farmaci cortisonici od oppioidi non produce risultato;
- in presenza della sindrome di Tourette;
- nel caso di cachessia, anoressia e perdita dell’appetito nei pazienti affetti da AIDS, nei pazienti oncologici e nei pazienti affetti da anoressia nervosa;
- nei pazienti colpiti da glaucoma resistente ad altre terapie convenzionali.