Partendo da premesse sistematiche, si osserva come il risarcimento del danno non patrimoniale è, da sempre, stato suddiviso in giurisprudenza nelle tre forme del danno biologico, morale ed esistenziale. In dottrina, questo è stato ab origine definito come “uno e trino”, essendo unico a livello ontologico, ma triplice nelle forme risarcitorie.
In generale, invero, per danno biologico, ex art. 32 Cost., ci si riferisce alla lesione alla sfera fisica del soggetto agente, il quale subisce un danno all’integrità fisica non quantificabile ex se (bensì, attraverso l’ausilio del giudice); il danno esistenziale, invece, fa riferimento alla sfera dinamico relazionale della vittima, la quale, stante il fatto illecito, subisce un pregiudizio nella vita relazionale con i soggetti terzi (si pensi, ad esempio, alle difficoltà del soggetto leso di continuare la propria attività lavorativa rispetto al momento pregresso al danno); da ultimo, il danno morale, il quale si riferisce al patema d’animo interiore subito dalla vittima dal fatto illecito subito (ci si riferisce, in particolare, alle sofferenze psicologiche subite dalla vittima dal fatto illecito).
Orbene, in origine suddette tre voci risarcitorie erano considerate dalla giurisprudenza di legittimità in via unitaria: queste erano difatti ristorate attraverso il riconoscimento di un’unica voce di danno, in qualità di danno non patrimoniale, sebbene ne veniva acclarata la loro diversità strutturale. Difatti, si legge che: “in relazione ad un fatto illecito costituente anche fatto reato continuato per atti di libidine in danno di minore, la valutazione unitaria del danno non patrimoniale deve esprimere analiticamente l’iter logico ponderale delle poste e non già una apodittica affermazione di procedere ad un criterio arbitrario di equità pura, non controllabile per la sua satisfattività. La posta del danno morale deve essere dunque comparata a quella del danno biologico, e non è detto a priori che il danno morale sia sempre e necessariamente una quota del danno alla salute, specie quando le lesioni attengano a beni giuridici essenzialmente diversi, tanto da essere inclusi un diverse norme della Costituzione. Al contrario (come nella fattispecie in esame) il danno morale potrà assumere il valore di un danno ingiusto più grave, in relazione all’attentato alla dignità morale del minore ed alla compromissione del suo sviluppo interrelazionale e sentimentale” (Cassazione sez. III, 11/06/2009 n. 13530).
Successivamente, la Corte di Cassazione ha iniziato a dubitare di suddetta unità risarcitoria, intravedendo nel danno morale una voce di danno ex se, meritevole di separato ed autonomo risarcimento rispetto a quelle del danno biologico, ovvero esistenziale. Così che, secondo il Supremo Consesso, mentre il risarcimento delle voci di danno biologico ed esistenziale continuava da effettuarsi secondo le c.d. Tabelle di Milano (richiamate all’interno del codice delle assicurazioni), quello morale era da risarcire ex se, non essendo lo stato di sofferenza di natura interiore e non relazionale ricompreso nei punti di danno delle tabelle Milanesi. Difatti, si legge che: “Ove sia correttamente dedotta ed adeguatamente provata l’esistenza d’uno di tali pregiudizi morali non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (come è confermato, oggi, dal testo degli artt. 138 e 139 cod. ass., così come modificati della L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 17, nella parte in cui, sotto l’unitaria definizione di “danno non patrimoniale”, distinguono il danno dinamico relazionale causato dalle lesioni da quello “morale”)”, (Corte di Cass., ord. 7513/2018; si richiamano anche Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2018, n. 901; Cass. civ., sez. III, 11 novembre 2019, n. 28989; da ultimo, Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2020, n. 25164).
Resta, tuttavia, possibile procedersi ad una personalizzazione del risarcimento del danno biologico (rispetto alle somme indicate, per i singoli punti variabili, all’interno delle Tabelle milanesi), alla luce dell’art. nell'art. 138, co. 3, nuovo testo del Codice delle assicurazioni private, in base al quale "qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale [..], può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%”.
Di tal guisa, il risarcimento del danno non patrimoniale assume valore dinamico, e non statico, essendo la sua quantificazione (nelle diverse forme danno biologico e relazionale, ovvero danno morale) commisurata alle singole circostanze del caso concreto.