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Affitti brevi, i Comuni non possono vietarli o limitarli, sono un'attivitą non imprenditoriale: ecco la nuova sentenza

Affitti brevi, i Comuni non possono vietarli o limitarli, sono un'attivitą non imprenditoriale: ecco la nuova sentenza
Con una sentenza di pochi giorni fa, il Consiglio di Stato fa il punto sul discusso fenomeno delle locazioni brevi turistiche e di fatto decide in modo favorevole ai proprietari. Scopriamo perché
Negli ultimi mesi ha fatto discutere il diffuso fenomeno degli affitti brevi nelle località turistiche, perché sottrarrebbe alloggi al mercato residenziale - con conseguente aumento dei canoni - e perché alimenterebbe l'evasione fiscale e la concorrenza sleale ai danni di hotel e B&B. Si è così acceso un dibattito che vede contrapposti - da un lato - proprietari e piattaforme web, che chiedono libertà, e - dall'altro - Comuni e cittadini, i quali rivendicano diritto alla casa e tutela sociale.

In questo contesto, oltre a costituire un importante precedente, non potrà che gettare ulteriore benzina sul fuoco una recentissima decisione del Consiglio di Stato - la sentenza n. 2928 - secondo cui:
  • le amministrazioni locali, con specifico regolamento e per motivi legati ad es. all'overtourism, non possono limitare, ostacolare o impedire che i privati cittadini concedano l'utilizzo di un loro immobile con la formula della locazione breve turistica, a meno che l'attività non si connoti dal lato imprenditoriale, riconducendosi a quella tipica delle strutture ricettive (case vacanza);
  • non esiste una legge dello Stato che disciplina le locazioni brevi private e non c'è alcuna norma che attribuisce questo compito agli enti locali.
In sostanza - spiega il Consiglio di Stato - un'amministrazione locale non può impedire al proprietario di avviare un'attività non imprenditoriale di locazione turistica, giustificando il divieto sul fatto che l'interessato ha fornito soltanto la comunicazione di inizio attività (Cia) e non anche la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia). Quest'ultima è necessaria - infatti - soltanto per le locazioni turistiche in forma imprenditoriale. La decisione del giudice amministrativo accoglie il ricorso di una proprietaria nei confronti di un Comune lombardo che aveva stabilito condizioni, standard qualitativi e l'obbligo di una serie di certificazioni, inibendo di fatto l'esercizio dell'attività di locazione turistica.

In particolare, la sentenza del Consiglio di Stato rimarca che - nell'odierno quadro normativo - tale attività di locazione svolta in modo non imprenditoriale, costituendo manifestazione di un "atto dispositivo dell’immobile, riconducibile al diritto del proprietario ed alla libertà contrattuale, non ricade nell’ambito dell’articolo 19 della legge n. 241 del 1990 e non è soggetta a poteri prescrittivi ed inibitori della pubblica amministrazione". I giudici sostanzialmente concludono che il tentativo comunale di regolare il fenomeno delle locazioni turistiche è vano perché non c’è una competenza stabilita per legge.

Inoltre, il provvedimento del CdS rimarca come, sia sul piano nazionale che regionale, le locazioni brevi turistiche non possono essere equiparate alle attività delle strutture ricettive e - anzi - vanno distinte perché si riferiscono a immobili che non fanno parte di quest'ultima categoria e non sono soggette alla relativa disciplina. L'attività di locazione turistica, esercitata in forma non imprenditoriale, non rientra perciò nel raggio d'azione dei poteri di inibizione di un Comune.

Concludendo, il maggior organo della giustizia amministrativa di Stato - con la sentenza n. 2928/2025 - traccia un rilevante precedente in materia di affitti brevi e, oltre a dare un duro colpo agli enti locali che stanno provando a regolare il fenomeno, dall'altro apre il varco a una serie di possibili ricorsi dei proprietari di case.

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