(massima n. 2)
All'atto con il quale la polizia giudiziaria convoca l'indagato per comunicazioni urgenti e lo sollecita comunque a mettersi in contatto con l'ufficio anche a mezzo telefono, non si applica la disciplina del codice di rito relativa alle forme richieste — in particolare dagli artt. 364, 369 e 375 c.p.p. — per l'attività del P.M., trattandosi di attività a iniziativa della polizia giudiziaria, condizionata dal fine di raccogliere informazioni utili per le investigazioni e potendo i preliminari avvisi relativi alla nomina di un difensore ed alla facoltà di non rispondere, previsti dai commi primo e secondo dell'art. 350 c.p.p., esser compiuti nel momento della presentazione della persona convocata e prima dell'assunzione delle sommarie informazioni. Ne consegue che l'inottemperanza al provvedimento dato con l'atto summenzionato, anche se privo delle forme e degli avvisi suddetti, integra il reato di cui all'art. 650 c.p. in quanto costituisce inosservanza di un provvedimento legalmente dato per ragioni di giustizia. (Sulla scorta del principio di cui in massima la Cassazione ha ritenuto infondato l'assunto del giudice di merito che aveva prosciolto l'imputato perché, a suo avviso, l'invito della polizia avrebbe dovuto indicare che la persona convocata era indagata e recare il contestuale invito a nominarsi un difensore).