(massima n. 1)
Nel rito del lavoro, quando risulti accertata la reale composizione del collegio per la coincidenza tra l'intestazione del verbale di udienza ed il dispositivo letto nella medesima, si deve ritenere, fino a querela di falso, che la sentenza sia stata deliberata da quegli stessi giudici che hanno partecipato alla discussione, sicché è irrilevante che il giudice indicato nell'intestazione della sentenza come relatore sia diverso da quello che abbia materialmente redatto la motivazione, in base ad un procedimento organizzativo interno di sostituzione dell'originario relatore, intervenuto dopo la lettura del dispositivo, che assume autonoma rilevanza documentale limitatamente al contenuto volitivo della decisione non più modificabile dai suoi autori. Ne consegue che è ravvisabile un vizio di costituzione del giudice qualora gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all'Ufficio, non investita della funzione esercitata, e non quando il giudice relatore assolutamente impedito sia sostituito da colleghi di pari funzioni e competenza, poiché tale sostituzione, anche ove disposta senza l'osservanza delle condizioni stabilite dagli artt. 174 cod. proc. civ. e 79 disp. att. cod. proc. civ., non implica violazione del giudice naturale e non dà luogo a nullità del procedimento, bensì ad una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità dell'atto.