(massima n. 3)
La circostanza aggravante del delitto di omicidio prevista dall'art. 576, comma primo, n. 5 c.p. (avere commesso il fatto nell'atto di commettere taluno dei delitti previsti dagli artt. 519, 520 e 521, che contemplavano, rispettivamente, la violenza carnale, la congiunzione carnale commessa con abuso della qualità di pubblico ufficiale e gli atti di libidine violenti) è configurabile con riferimento a tutti i delitti di violenza sessuale di cui agli artt. 609 bis e ss. stesso codice, come introdotti dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66 (recante norme contro la violenza sessuale), a nulla rilevando che tale legge abbia disposto l'espressa abrogazione dei citati artt. 519, 520 e 521, in quanto il richiamo a questi ultimi nell'art. 576 rientra nella figura del rinvio formale e non di quello recettizio, sicché quella abrogazione non ha comportato una abolitio criminis, ma solo un ordinario fenomeno di successione di leggi penali incriminatici nel tempo, e il mancato adeguamento della formulazione di quest'ultima norma è ascrivibile a mero difetto di coordinamento legislativo. (Fattispecie concernente il delitto di violenza sessuale di gruppo di cui all'art. 609 octies c.p., con riferimento al quale la Corte, dopo avere argomentatamente escluso che la sua autonoma configurazione di figura delittuosa plurisoggettiva e a concorso necessario lo ponga in rapporto di discontinuità con la normativa previgente, ha ritenuto la sua piena sovrapponibilità alle ipotesi criminose già previste dagli artt. 110 e 519-521 c.p., unificate nel nuovo art. 609 bis stesso codice)