(massima n. 2)
Il socio di una società di capitali, estinta per cancellazione dal registro delle imprese, succede a questa nel processo a norma dell'art. 110 c.p.c. - che prefigura un successore universale ogni qualvolta viene meno una parte - solo se abbia riscosso somme in base al bilancio finale di liquidazione, secondo quanto dispone l'art. 2495, secondo comma, c.c.: tale vicenda, infatti, non costituisce soltanto il limite di responsabilità del socio quanto al debito sociale, ma anche la condizione per la di lui successione nel processo già instaurato contro la società, posto che egli non è successore di questa in quanto tale, ma lo diventa nella specifica ipotesi, disciplinata dalla legge, di riscossione della quota. La prova di tale circostanza è a carico delle altre parti ed integra la stessa condizione dell'interesse ad agire, che richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche la prospettazione della possibilità di ottenere un risultato utile, non essendo il processo utilizzabile in previsione di esigenze soltanto astratte. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto nei confronti del socio unico di s.r.l. cancellata, in assenza della deduzione e prova della condizione di cui all'art. 2495, secondo comma, c.c.).