(massima n. 3)
Nel procedimento di esecuzione avente ad oggetto la confiscabilità di un bene, l'amministrazione dello Stato è titolare di un interesse alla decisione dalla quale può derivarle, in modo diretto e immediato, un pregiudizio o un vantaggio giuridicamente apprezzabile; alla predetta amministrazione compete pertanto l'avviso dell'udienza in camera di consiglio fissata per la deliberazione dell'incidente, posto che il termine «parti» che figura nell'art. 666, comma 3, c.p.p., deve essere inteso in senso sostanziale e non in senso formale, e dunque riferito a tutti i soggetti titolari di posizioni giuridiche sulle quali la decisione è idonea ad esplicare diretta incidenza. Dall'omessa notificazione dell'avviso di udienza deriva una nullità generale a regime intermedio di cui all'art. 178, lett. c), c.p.p., come tale soggetta al regime di rilevabilità e deducibilità di cui agli artt. 180 e 182 c.p.p. (Nel caso di specie la Corte ha escluso, ai sensi dell'art. 182, comma 1, c.p.p., che la nullità derivante dall'omissione predetta potesse essere eccepita dal condannato i cui beni erano stati confiscati, in quanto soggetto privo di interesse all'osservanza della disposizione violata; ed ha ritenuto altresì, ai sensi dell'art. 180 c.p.p., che la rilevabilità d'ufficio nel giudizio di cassazione di tale invalidità dovesse considerarsi preclusa in quanto, inerendo essa ad attività preparatorie dell'udienza in camera di consiglio, avrebbe potuto essere rilevata dal giudice dell'esecuzione, indipendentemente dall'eccezione di parte, sino al momento della deliberazione).