La Carta Costituzionale contiene, all'interno dei primi dodici articoli, i principi fondamentali dell'ordinamento repubblicano.
A differenza di altre Costituzioni straniere, il Costituente ha preferito inserire tali principi direttamente nel testo della Carta fondamentale, senza cioè relegarli in un preambolo separato, al fine di evitare qualsiasi dubbio sull'ampiezza della propria efficacia e sulla immediata applicabilità.
Così facendo, i principi non fungono solamente da criteri guida cui i poteri pubblici devono conformarsi, ma altresì come norme che vincolano l'interprete.
La tutela delle
minoranze linguistiche rappresenta il cambio netto di rotta adottato in relazione alle minoranze dopo la caduta del regime fascista, ponendo le basi di uno Stato democratico, in tutto e per tutto.
Il regime fascista aveva infatti adottato una politica fortemente repressiva nei confronti delle minoranze, giungendo sino al punto di “italianizzare” cognomi e nomi di origine straniera (soprattutto in Alto Adige).
L'articolo in esame, oltre ad impedire qualsiasi forma di discriminazione basata sull'appartenenza a minoranze linguistiche, dispone anche una tutela positiva, con lo scopo di conservare il patrimonio linguistico e culturale di tali minoranze.
In ogni caso, ciò non toglie che, in ossequio al principio di unitarietà dello Stato, l'uso della lingua italiana goda del primato rispetto alle altre lingue.
Raccordandosi idealmente all'art. 3 della Costituzione, e completandone l'ideale di pluralismo differenziato, la norma in esame conferisce il potere di tutela ai vari enti purchè rispettino l'eterogeneità dimensionale, di radicamento, e di storia. Viene così sottinteso un modello di proporzionalità allo scopo nel trattamento positivo di tali situazioni linguistico/culturali specifiche.
Le svariate forme di tutela spaziano dalla negoziazione normativa (strumento principe) a quella provvedimentale (in ambito amministrativo quindi), sino alla rappresentanza istituzionale del gruppo (come avviene nel Trentino-Alto Adige). Ruolo fondamentale gioca la legge n. 482 del 1999, che opera tramite determinati Comitati ed a livello di scuole, università, amministrazioni pubbliche (come anche in ambito di giustizia). Non viene messo in dubbio, peraltro, il semplice fatto che la lingua ufficiale della
Repubblica resti l'italiano, perlomeno nelle circostanze "ufficiali" come assemblee elettive, anagrafe, istruzione scolastica, toponomastica e mass media.