La legge delega prevede l’obbligo, quanto ai reati perseguibili a
querela, che con l’atto di querela sia
dichiarato o
eletto domicilio per le
notificazioni e che sia possibile indicare, a tal fine, un idoneo recapito telematico.
In attuazione di tale criterio di delega viene introdotto nel codice di procedura penale un nuovo art. 153
bis (
Domicilio del querelante. Notificazioni al querelante).
Il
primo comma stabilisce che il querelante, nella querela dichiara o elegge domicilio per la comunicazione e la notificazione degli atti del procedimento. A tal fine, il querelante può dichiarare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato.
La previsione è funzionale ad agevolare le comunicazioni tra
autorità giudiziaria e
persona offesa dal reato, imponendo a quest’ultima un obbligo non particolarmente oneroso; ciò, da un lato, indubbiamente snellisce i meccanismi di comunicazione e ha intuitive ricadute sull’efficienza del sistema processuale; dall’altro lato, si rende esplicita la volontà del legislatore di
responsabilizzare la persona offesa che abbia sporto querela, nella prospettiva di renderla parte realmente attiva in un procedimento penale in cui l’ordinamento condiziona alla sussistenza e persistenza di un interesse della persona offesa la procedibilità dell’
azione penale e la stessa
punibilità dell’illecito.
È in questa prospettiva che la previsione dell’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio da parte del querelante può essere posta in collegamento funzionale con le conseguenze che la legge delega fa discendere dalla mancata partecipazione della persona offesa querelante a determinati passaggi processuali.
Il criterio di delega impone al querelante di dichiarare o eleggere domicilio, senza però stabilire quali siano le conseguenze in caso di mancato assolvimento di tale prescrizione di legge. Si ritiene che la mancata dichiarazione o elezione di domicilio (o l’indicazione di un domicilio inidoneo) non possa essere priva di conseguenze giuridicamente apprezzabili.
Si è scelto di non condizionare l’ammissibilità della querela all’assolvimento dell’obbligo di dichiarazione o elezione di domicilio per evitare il rischio – non privo di elementi di discriminazione – di non assicurare tutela a persone che, magari anche solo in via transitoria, non sono in grado di dichiarare o eleggere domicilio.
D’altra parte, non si può escludere che una persona che – al momento di proposizione della querela non sia in grado di dichiarare o eleggere domicilio – riesca successivamente a comunicare all’autorità giudiziaria una adeguata domiciliazione.
Nel
secondo comma, in tal senso, si è ritenuto opportuno chiarire che la dichiarazione o elezione di domicilio
può avvenire anche in momento successivo alla presentazione della querela; d’altra parte, il querelante può nominare – dopo la proposizione della querela – un difensore di persona offesa, che diventa legale domiciliatario (ex art.
33 disp. att. c.p.p.).
Condizionare la ammissibilità della querela – che ha anche natura di
notizia di reato – all’assolvimento dell’obbligo di dichiarazione o elezione di domicilio comporterebbe d’altra parte il rischio di rendere impossibili approfondimenti investigativi da parte degli organi inquirenti (non potendosi escludere che una persona offesa presenti una querela sul presupposto di essere vittima di un reato non procedibile d’ufficio e che, viceversa, il
pubblico ministero – dopo opportune indagini, svolte proprio “a partire dalla querela” – ravvisi l’esistenza di reati procedibili d’ufficio).
Ancora, si è ritenuto che la mancata dichiarazione o elezione di domicilio non dovesse condizionare l’ammissibilità (o la validità) della querela in ragione del fatto che essa è atto che ha natura e valenza non solo processuale, ma anche sostanziale (la richiesta di procedere per l’accertamento di fatti penalmente rilevanti e correlate responsabilità e il diritto ad ottenere tutela dall’ordinamento); sicché potrebbe risultare eccessivamente penalizzante condizionare l’esercizio di un diritto della persona offesa (il cui ruolo deve invece essere valorizzato, secondo il disegno complessivo della riforma) all’assolvimento di un obbligo legale che è principalmente funzionale al perseguimento di un obiettivo di semplificazione procedimentale (e non strettamente inerente al contenuto sostanziale intrinseco dell’atto di querela).
Va inoltre rilevato che la legge delega non prevede che dal mancato assolvimento dell’obbligo discendano sanzioni processuali (altre disposizioni della legge delega fanno invece conseguire al mancato assolvimento dell’obbligo di dichiarazione o elezione di domicilio la sanzione di inammissibilità di determinati atti).
Il mancato assolvimento dell’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio, dunque, non condiziona l’ammissibilità della querela, né incide sulla sua validità. Conseguentemente, il mancato assolvimento dell’obbligo imposto al querelante di dichiarare o eleggere domicilio ha effetto sul piano della notificazione degli atti (ossia l’attività cui è funzionale l’obbligo imposto al querelante).
In tale prospettiva, si è ritenuto necessario intervenire sulla disciplina delle notificazioni da effettuare in favore del querelante, al fine di garantire che la previsione legale dell’obbligo di dichiarazione o elezione di domicilio produca gli auspicati effetti di semplificazione procedurale e di responsabilizzazione della persona offesa che ha proposto querela.
L’attuale sistema di notificazioni alla persona offesa è disciplinato dall’art.
154 c.p.p. e non distingue la posizione della persona offesa che abbia proposto querela da quella della persona offesa che non l’abbia proposta.
L’introduzione dell’obbligo legale di dichiarare o eleggere domicilio all’atto della proposizione della querela rende per l’appunto necessario introdurre tale distinzione, con l’introduzione di uno specifico articolo – l’art. 153
bis del codice di procedura penale – dedicato al domicilio del querelante e alle notificazioni in suo favore.
I primi tre commi dell’art. 153
bis del codice di procedura penale sono dedicati alle modalità di individuazione e aggiornamento del domicilio del querelante.
I successivi commi dell’art. 153
bis dettano invece regole relative alle modalità di notificazione degli atti in favore del querelante, esplicitando una gerarchia tra i vari luoghi ove deve perfezionarsi la notificazione degli atti.
L’art. 153
bis c.p.p., ai commi 4 e 5, intende stabilire una gerarchia di criteri per individuare le modalità mediante le quali si deve perfezionare la notificazione degli atti.
La notificazione dovrà essere effettuata anzitutto, ed in coerenza con le nuove disposizioni in materia di notificazioni con modalità telematiche, al querelante che non abbia nominato difensore presso il domicilio digitale e, nei casi previsti dal comma 4 dell’articolo
148 c.p.p., presso il domicilio dichiarato o eletto (o presso il domicilio successivamente comunicato con dichiarazione depositata presso la segreteria del pubblico ministero o la cancelleria del giudice); rimane ferma la regola già dettata dal richiamato art. 33 disp. att. c.p.p. che individuano quale legale domiciliatario della persona offesa il difensore, con la conseguenza che, ove il querelante abbia nominato difensore, le notificazioni verranno ex lege effettuate presso quest’ultimo.
In assenza di dichiarazione o elezione di domicilio, o in caso di insufficienza o inidoneità di tale dichiarazione le notificazioni in suo favore avverranno mediante deposito dell’atto da notificare presso la segreteria o la cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente.
Tale modalità “semplificata” di perfezionamento delle notificazioni rappresenta il coerente sviluppo dell’imposizione di un obbligo legale di dichiarare o eleggere domicilio e determina conseguenze proporzionate rispetto al mancato assolvimento dell’obbligo legale da parte del querelante (che, nell’attivare lo strumento penale, ha il dovere di farsi parte diligente).
La modalità “semplificata” di perfezionamento delle notificazioni con deposito in cancelleria dell’atto da notificare è modellata sulla falsariga di quanto previsto dall’art.
161 c.p.p. per l’imputato: tale disposizione, come è noto, impone all’imputato l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio e prevede che – in caso di mancata dichiarazione o elezione di domicilio o in caso di dichiarazioni insufficienti o inidonee – le notificazioni possano avvenire con modalità semplificate (mediante consegna al difensore), che, comunque, non pregiudicano la possibilità di conoscenza del soggetto processuale che informi la propria condotta ad un minimo di diligenza.
La modalità “semplificata” di perfezionamento delle notificazioni è, inoltre, coerente con quanto oggi previsto dall’art. 154, comma 4, c.p.p. con riferimento alle modalità di notificazione degli atti in favore del
responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la
pena pecuniaria (in relazione ai quali, il codice di rito prevede che: ove costituiti in giudizio, essi siano legalmente domiciliati presso il difensore; ove non costituiti in giudizio, abbiano l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio; ove manchi la dichiarazione o elezione di domicilio – ovvero essa risulti inidonea – si prevede che le notificazioni avvengano mediante deposito in cancelleria).