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Articolo 335 ter Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Ordine di iscrizione del nome della persona sottoposta ad indagini

Dispositivo dell'art. 335 ter Codice di procedura penale

1. (1)Quando deve compiere un atto del procedimento, il giudice per le indagini preliminari, se ritiene che il reato per cui si procede debba essere attribuito a una persona che non è stata ancora iscritta nel registro delle notizie di reato, sentito il pubblico ministero, gli ordina con decreto motivato di provvedere all'iscrizione.

2. Il pubblico ministero provvede all'iscrizione, indicando la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini. Resta salva la facoltà di proporre la richiesta di cui all'articolo 335 quater.

Note

(1) Disposizione inserita dall'art. 15, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

La ratio della norma si ritrova nella volontà del legislatore di assicurare il rispetto del principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale e di evitare l’aggiramento della disciplina dei termini massimi di durata delle indagini preliminari.

Spiegazione dell'art. 335 ter Codice di procedura penale

L’art. 335-ter c.p.p. (introdotto dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) stabilisce il potere del giudice per le indagini preliminari di ordinare al pubblico ministero di iscrivere il nome dell’indagato, in caso di inerzia dell’organo inquirente.

Il comma 1 riconosce al giudice questo potere quando egli deve compiere un atto del procedimento e ritiene che il reato, per cui si procede, debba essere attribuito ad una persona che non è stata ancora iscritta nel registro delle notizie di reato.

Quindi, la norma prevede questo potere del giudice in tutti i casi in cui egli debba compiere un atto del procedimento: ossia, in tutte le ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari è investito di una richiesta (non solo di archiviazione o di proroga delle indagini, ma anche di intercettazione, di applicazione di misura cautelare e così via).

Tuttavia, si deve tener presente che il giudice per le indagini preliminari non è sempre informato dei soggetti iscritti nel registro di cui all’art. 335 del c.p.p.. Pertanto, in concreto, egli potrebbe avere difficoltà nell’esercitare il potere in analisi. Ecco perché l’art. 110 delle disp. att. c.p.p. stabilisce che, allorquando avanzi una richiesta al giudice per le indagini preliminari, il pubblico ministero debba anche indicargli la notizia di reato ed i soggetti ai quali è attribuita.

Se ritiene che il reato per cui si procede debba essere ascritto ad una persona non iscritta nel registro delle notizie di reato, il giudice – con decreto motivato – ordina al pubblico ministero di provvedere all’iscrizione del nominativo nel registro ex art. 335 del c.p.p..

Però, l’ordine può essere adottato solo dopo che il giudice ha interloquito con l’organo inquirente (la norma dice “sentito il pubblico ministero”). Infatti, il pubblico ministero è il dominus del potere di iscrizione.

A norma del comma 2, l’ordine del giudice comporta il dovere del pubblico ministero di provvedere all’iscrizione. Dunque, in tale ipotesi, l’iscrizione diventa un atto dovuto per il pubblico ministero.

Tuttavia, nell’effettuare l’iscrizione, spetta comunque al pubblico ministero indicare la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini. Peraltro, se l’indagato dovesse ritenere che la data sia stata indicata in modo scorretto, egli può proporre al giudice la richiesta di accertamento della tempestività dell’iscrizione ai sensi dell’art. 335 quater del c.p.p..

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Per sviluppare i criteri di cui alla lettera r) della legge delega, l’art. 335 ter riprende e allarga un meccanismo che il codice già conosceva. L’art. 415, commi 2, secondo periodo, e 2 bis (dei quali si prevede l’abrogazione) prevedeva infatti che, nel procedimento a carico d’ignoti, il giudice per le indagini preliminari a cui fosse chiesta l’archiviazione ovvero l’autorizzazione a proseguire le indagini, qualora avesse ritenuto che il reato fosse ascrivibile ad una persona già individuata, ordinasse d’iscriverne il nome nell’apposito registro.


Il precetto viene esteso lungo due direzioni: da un lato, il giudice potrà emettere l’ordine non soltanto in quelle due circostanze ma tutte le volte che il suo intervento sia sollecitato (si pensi, a esempio, a una richiesta d’intercettazione); dall’altro, la disposizione diventa applicabile anche nei procedimenti contro indagati noti, consentendo al giudice di individuare ulteriori persone da iscrivere nel registro, oltre a quelle che già vi figurano.


Conviene precisare che la prerogativa giudiziale riguarda, in questo caso, unicamente soggetti a cui venga addebitato quello stesso fatto che forma oggetto della richiesta indirizzata al giudice; ove si trattasse di fatti illeciti diversi, potrebbe semmai venire in gioco la disciplina sull’obbligo di denuncia.
Il giudice per le indagini preliminari, peraltro, non sempre è informato dei soggetti iscritti nel registro di cui all’art. 335 e, quindi, potrebbe trovarsi in difficoltà nell’esercitare il potere. Per questa ragione s’è previsto che, ogni qual volta avanzi una richiesta, il pubblico ministero debba anche indicargli la notizia di reato ed i soggetti ai quali è ascritta (art. 110 ter n. att. c.p.p.); dovrebbe quindi venir meno la prassi di indicare un unico responsabile, seguito dalla dicitura «ed altri».


Si è previsto che l’ordine sia adottato «sentito il pubblico ministero», e ciò al fine di prevenire l’eventualità di iscrizioni che, alla luce di atti di cui il giudice non abbia avuto conoscenza, non appaiano realmente necessitate.
Sebbene sia teoricamente possibile che il giudice emetta l’ordine nel momento stesso in cui emergono gli indizi a carico del soggetto da iscrivere (si pensi al caso in cui un testimone renda dichiarazioni accusatorie nel corso d’un incidente probatorio), in concreto – di regola – la decisione si baserà sulla valutazione di atti anteriori al provvedimento giudiziale, cosicché bisognerà anche stabilire il momento a partire dal quale decorrono i termini delle indagini.


Quanto al soggetto cui attribuire questo compito, si è ritenuto di affidarlo non al giudice ma al pubblico ministero. La soluzione è parsa coerente con l’impianto codicistico, che riserva appunto al pubblico ministero la prima decisione sulla data in cui è emersa la notitia criminis, lasciando al giudice solo un potere di controllo postumo.
D’altra parte, almeno se si ritiene che si tratti sostanzialmente d’una retrodatazione, l’assetto opposto sarebbe entrato in attrito con la legge delega, secondo cui la retrodatazione può essere disposta soltanto su domanda.


Il decreto motivato del giudice avrà dunque riguardo al nominativo della persona da iscrivere (e, nel caso d’una pluralità di fatti investigati, al reato che gli si attribuisce), ma non alla data in cui l’iscrizione sarebbe dovuta avvenire. Naturalmente, qualora l’interessato ritenesse che la data individuata dal pubblico ministero non fosse corretta, potrebbe innescare il meccanismo di controllo disegnato dall’art. 335 quater.

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