Il principio « servitus in faciendo.... » ; le prestazioni accessorie
Il principio
servitus in faciendo consistere nequit, la cui esistenza nel nostro diritto positivo è stata dai più ritenuta innegabile, pur sotto l'impero del vecchio codice, è consacrato nel l'art. 1030. Infatti, il principio in parola significa questo: contenuto primario e immediato della servitù non può essere il
facere del proprietario del fondo servente. Orbene la norma in esame prende in considerazione le sole «
prestazioni accessorie » (cosi il titolo della norma
), più precisamente gli atti necessari per rendere possibile l'esercizio della servitù da parte del titolare. Tali prestazioni e tali atti in linea di massima sono ritenuti come non dovuti, come dovuti sono ammessi solo in base a norme giuridiche particolari, o in forza di convenzione, il che vuol dire che
a fortiori è escluso che tali prestazioni costituiscano contenuto principale della servitù; per eccezione e in virtù di patto
ad hoc, possono essere dovute solo prestazioni accessorie.
Forma e trascrizione del patto
Oltre che la legge, anche la volontà privata può porre a carico del proprietario del fondo servente gli atti necessari per l'esercizio della servitù: la volontà in tal senso può essere esplicita o implicita. Dev'essere, comunque, espressa nella forma richiesta per la stessa costituzione della servitù, e cioè
atto scritto (
art. 1350 del c.c.). Infatti, anche le prestazioni accessorie rientrano nel contenuto della servitù, in quanto diritto reale: la conseguenza è che ogni proprietario del fondo dominante vi ha diritto, ed ogni proprietario del fondo servente vi è tenuto.
Se la pattuizione relativa alle prestazioni accessorie non è espressa nell'atto scritto, essa può valere al più come fonte di obbligazione e di un corrispondente
diritto di credito, con valore limitato alle parti ai loro eredi.
Da quanto precede risulta la necessità che
la trascrizione comprenda
anche la clausola relativa alle
prestazioni accessorie.
Contenuto e spese
Le prestazioni accessorie possono avere
qualunque contenuto: il
facere può essere vario e consistere in ogni specie di attività, anche materiale. Può essere dovuta anche un'opera, o pattuirsi che ogni tanto si debba rinnovarla o restaurarla.
Le
spese necessarie per porre in essere l'atto dovuto non possono ritenersi incombenti sul proprietario del fondo servente. Se, però, a suo carico è posta
un'opera materiale, le spese necessarie si intendono incombenti a chi deve compiere l'opera: infatti, il suo onere sta tutto nelle relative spese. Naturalmente, pure qui è possibile una diversa volontà. si tratta perciò di una questione di interpretazione, da risolvere caso per caso.
In linea generale, preme osservare che in tanto le prestazioni pattuite possono rientrare nel contenuto della servitù e quindi assumere, con questa, carattere di realità, in quanto siano logicamente
legate al contenuto primario della servitù. Infatti nella norma si parla di «
prestazioni accessorie »: ora, l'accessorietà presuppone un rapporto di dipendenza, infatti nella legge si parla di «
atto per rendere possibile l'esercizio della servitù », il che è significativo.
Non basta, quindi, un semplice legame accidentale e occasionale fra la servitù e la prestazione pattuita. Questa, ove non debba essere destinata a rendere possibile l'esercizio della servitù, assume una situazione giuridica a se, e può diventare oggetto di un semplice rapporto obbligatorio, per il principio
servitus in faciendo consistere nequit.