Diritto di prelazione a favore del concedente in caso di vendita del diritto dell'enfiteuta
Il codice del 1865, andando contro ogni ragione di carattere economico-sociale, aveva abolito il diritto di prelazione a favore del concedente, nel caso di vendita del diritto dell'enfiteuta. Ma il nuovo codice, intendendo favorire la libertà dei fondi, ha ripristinato tale diritto.
Va da sè, naturalmente, che, esercitato il diritto di prelazione, il fondo torna libero al concedente, nello stesso modo in cui, per l'affrancazione, rimane libero nelle mani dell'enfiteuta.
Disciplina dell'esercizio di tale diritto di prelazione
Per quanto si riferisce alla disciplina dell'esercizio del diritto di prelazione, il nuovo codice, nel dettare le relative norme, si è uniformato alle disposizioni emanate, allorché ha regolato l'esercizio del diritto di prelazione riconosciuto a favore dei coeredi, nel caso in cui uno di essi voglia alienare ad un estraneo la sua quota (
art. 732 del c.c.).
Ha stabilito, pertanto, che l'enfiteuta deve
notificare al concedente la sua proposta di alienazione, identificandone il prezzo, e il concedente deve esercitare il suo diritto nel termine di
trenta giorni dalla notificazione. In mancanza di notificazione, il concedente, entro un anno dalla notizia della vendita, può riscattare il diritto dall'acquirente e da ogni successivo avente causa (art. 966, primo comma).
Nel caso che ci siano
più concedenti, e la prelazione non venga esercitata congiuntamente da tutti, il legislatore ha stabilito che essa possa esercitarsi per la totalità anche da uno solo. In tale ipotesi, però, è ovvio che esso resterà surrogato all'enfiteuta di fronte agli altri concedenti per i diritti loro spettanti.