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Articolo 2791 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Pegno di cosa fruttifera

Dispositivo dell'art. 2791 Codice Civile

Se è data in pegno una cosa fruttifera, il creditore, salvo patto contrario, ha la facoltà di fare suoi i frutti, imputandoli prima alle spese e agli interessi e poi al capitale(1).

Note

(1) La norma fa salvo l'eventuale patto contrario stipulato tra le parti, nel qual caso i frutti rimangono in capo al debitore. Negli altri casi, il creditore, per appropriarsi dei frutti derivanti dal bene sottoposto a pegno, di regola deve procedere alla vendita di questi osservando le modalità sancite dagli artt. 2796 e 2797, potendo tuttavia farli propri direttamente nel momento in cui il valore degli stessi sia stato già anteriormente stimato. I frutti vanno poi considerati, seguendo l'ordine di imputazione dettato, prima alle spese e agli interessi e solo successivamente al capitale (v. art. 2802).

Ratio Legis

La disposizione in esame detta una disciplina applicabile anche nell'ipotesi in cui il bene diventi fruttifero in un momento successivo alla costituzione del pegno stesso: si stabilisce così l'obbligo per il creditore di acquisire tali frutti, naturali o civili che siano (v. art. 821), purché derivino dal bene pignoratizio in maniera diretta.

Brocardi

Non plus habere creditor potest quam habet qui pignus dedit

Spiegazione dell'art. 2791 Codice Civile

Diritti del creditore pignoratizio di far suoi i frutti

Normalmente delle cose fruttifere date in pegno (come dell'immobile dato in anticresi : art. 1970 codice attuale ; articoli 188 e 1895 cod. del 1865) intendono le parti che il creditore faccia suoi i frutti civili o naturali imputandoli prima agli interessi e poi al capitale Prima agli interessi e poi al capitale, ovvio essendo diritto del creditore che ogni pagamento sia imputato prima a spese ed interessi (che è il debito almeno psicologicamente più pesante) piuttosto che al capi­tale : art. 1194. Dato in pegno ad es : un autoveicolo od un'imbarcazione, che non sono cose normalmente fruttifere (è normalmente fruttifera solo se noleggiata a terzi) solo un patto espresso o tacito può consentire al creditore di usare o dare in fitto il pegno, accreditandone il netto ricavo al debitore.

Quando invece il pegno è di cose normalmente fruttifere, trattan­dosi di contratto di durata (di regoli di più breve durata in materia commerciale che nella civile) già prima ancora dell'art. 2791 si riteneva autorizzato senz'altro il creditore ad appropriarsi dei frutti del pegno. Lo si argomentava dall'obbligo del debitore di imputare a frutti ed interessi ciò che paga, e non ad estinzione del capitale : lo si argomentava dal doversi imputare ad interessi gli interessi del credito dato in pegno ; lo si argomentava dal pegno tacito che è non solo per il debito di capitale ma anche pel debito d'interessi ; lo si argomentava dall'anticresi che garantisce prima gl'interessi e poi il capitale ; lo si argomentava dal­l'obbligo del creditore di esigere gli interessi del credito datogli in pegno: articoli 1256, 1886, 1888, 1891 cod. civ. del 1865 ; art. 457 cod. com. Queste disposizioni dicono che i frutti naturali o civili della cosa, sono normalmente destinati al servizio degli interessi, frutti della cosa data in pegno e debito d'interessi verso il creditore pignoratizio dovendo normalmente bilanciarsi e chiudere in pareggio, non è verosimile che le parti abbiano inteso privare il creditore del godimento dei frutti la cui maturazione deve coincidere con le scadenze del debito d'interessi.

Del resto non v'è contratto in cui il debitore non cerchi di far coincidere la scadenza del debito colla scadenza di suoi crediti o colla maturazione di frutti civili o naturali su cui fa affidamento per pagare. Il periodo del raccolto è data di scadenza di debiti : come le cambiali scadevano in fiera quando non ancora avevano raggiunto lo sviluppo ed il giro d'af fari che oggi hanno quelle colossali fiere di danaro, di crediti e di titoli che sono la stanze di compensazione ed í plearings per í pagamenti inter­nazionali.

Eccezionalmente qualche statuto (ad es. art. 66 Monte di pietà di Milano) nelle sovvenzioni su pegno di titoli di credito consente che al debitore si rilascino le cedole sei titoli non hanno subito deprezzamento : concessione che si spiega perchè di regola la sovvenzione si fa per im­porto notevolmente inferiore al valore di stima.


Diritto del c. p. di far sue le estrazioni di titoli soggetti ad estrazioni per premi

Quando l'art. 2791 autorizza il creditore pignoratizio a far suoi i frutti imputandoli prima alle spese ed interessi e poi al capitale, autorizza anche il creditore a far suo tutto ciò che può ricavarsi dalla cosa, ad es. il premio sorteggiato per un buono del tesoro dato in pegno. Non pare possibile negarlo perché le parti intendono separare il pegno, attribuirlo con privilegio a garanzia del creditore pignoratizio : e comunque il premio non sia frutto (specie quando supera notevol­mente il capitale medesimo ; ed anzi ne è un multiplo) è incontestabile la volontà delle parti di attribuire al creditore pignoratizio anche il premio, comunque ingente, nei limiti beninteso del debito. Infatti se il creditore pignoratizio consente ad avere in pegno un buono del tesoro avente diritto a premio, evidentemente è presente anche l'alea favo­revole dell'estrazione : alea che ha un suo valore di mercato, costituito da quel punto, da quei centesimi o siano pure frazioni di centesimo di cui il corso di mercato o la quotazione di borsa d'un titolo con diritto a premio supera un titolo uguale ma non avente diritto a premio. Se questa speranza vale sia pure una frazione di centesimo, questa spe­ranza è stata favorevolmente valutata dal c. p. che non deve essere deluso nella sua legittima aspettativa : né si fa un torto al debitore che non può pretendere di sottrarre al c. p. un germe affidatogli, e che ha prodotto un frutto cosi raro.

Credo che la questione sia oggi testualmente risoluta dagli articoli 1533 e 1550 pei quali nella vendita di titoli soggetti a estrazione per premi o rimborsi i diritti e gli oneri derivanti dall'estrazione spettano al compratore se la conclusione della vendita è anteriore al giorno stabilito per l’inizio dell’estrazione: e nel riporto (ove in sostanza il riportato è un compratore a termine) spettano al riportato. Gli articoli 1513 e 1550 attribuiscono dunque il premio all’avente causa, sempre che il suo acquisto sia anteriore al giorno stabilito per l’estrazione: l’acquirente – dicono gli artt. 1513 e 1550 – acquista il titolo cum omni causa. Nessun dubbio che il c.p. è avente causa del debitore: ed a favore del c.p. non può non applicarsi il principio generale scritto negli artt. 1533 e 1550.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2791 Codice Civile

Cass. civ. n. 3794/2008

In materia di pegno irregolare di denaro, la circostanza che il creditore, avendo acquisito la disponibilità del denaro, si trovi a godere degli interessi, fa sì che il ricavato debba essere imputato a deconto prima delle spese, poi degli interessi e poi del capitale dovuti dal debitore (come si argomenta dall'art. 2791 c.c.), ma non sospende automaticamente il corso degli interessi sul debito garantito, il cui tasso, peraltro, non necessariamente corrisponde a quello degli interessi che maturano sulle somme date in pegno.

Cass. civ. n. 3266/1974

Ancorché la cosa data in pegno sia, per sua natura, infruttifera, la prelazione del creditore si estende, ai sensi dell'art. 2791 c.c., agli interessi della somma ricavata in sede di vendita anticipata della cosa stessa.

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