L’art. 657, disciplinando il legato di cosa acquistata dal legatario di cui all'art. #849# comma 2 del vecchio codice del 1865, considera distintamente le seguenti ipotesi:
a)
Il legatario, dopo la confezione del testamento, acquista dal testatore, a titolo oneroso o gratuito, la cosa legata. Per questa ipotesi il legislatore rinvia all’art.
686, il quale considera l’alienazione della cosa legata come revoca del legato. Data l’
equivalenza assoluta dell’alienazione (da parte del testatore) alla revoca, deve riuscire chiaro come sia
indifferente la circostanza che l’alienazione sia a titolo gratuito o a titolo oneroso; essa avrebbe potuto influire soltanto ai fini della delimitazione dell’ambito dell’art.
686; ma, non essendo stata operativa a proposito della revoca, ivi disciplinata, non avrebbe potuto esserlo in rapporto alla norma dell'art. 657 che si esamina. Si tratta di coerenza logica, la quale, appunto, risultava mancante nel sistema del codice precedente, in ordine al coordinamento tra l’art. #843# capoverso e l’art. #892#: sicché, in sostanza, la regola formulata come generale da quest’ultimo articolo, veniva ad essere ristretta dalla disposizione contenuta nell’altro articolo, disposizione che non riguardava un’ipotesi particolare, ma aveva anch’essa carattere generale. Ne derivava un difetto evidente, ora eliminato, di tecnica legislativa, per la coesistenza di due regole generali, una delle quali restrittiva dell’altra.
Si tratta, anche qui, di
legato di cosa altrui (rispetto al testatore e con riferimento al momento dell'apertura della successione), il quale andrebbe disciplinato conformemente a quanto dispone l’art.
651, che considera espressamente le ipotesi più tipiche (legato di cosa dell’onerato o di un terzo), ma certamente pone princìpi che ne trascendono i limiti esteriormente apparenti. Tuttavia - anche per il fatto che, tradizionalmente, l’ipotesi disciplinata dall’art. 657 comma 2 è stata considerata come ipotesi particolare - non si può senz’altro escludere che il termine (soggettivo) positivo del rapporto sia indifferente, ai fini della validità o dell’invalidità del legato, quando sia costituito dallo stesso soggetto a beneficio del quale il legato è stato disposto: per il fatto che, nel campo della disciplina giuridica dei rapporti umani, le posizioni astrattamente logiche sono spesso temperate da esigenze della vita pratica. Dando ascolto a tali esigenze pratiche, si potrebbe, almeno a prima vista, ritenere inutile il legato tendente a fare acquistare al legatario ciò che egli già si è procurato.
Senonché - ed ecco il punto da cui procede la distinzione ulteriore contenuta nella disposizione che si esamina - l’acquisto può esser costato dei sacrifici patrimoniali al legatario; e il legato, in tal caso, si rivela utile, almeno nei limiti degli oneri patrimoniali che il legatario si è addossato per l’acquisto. Se dunque - stabilisce la legge - l’acquisto ha avuto luogo a
titolo oneroso, il legatario ha diritto al
rimborso del prezzo. Qui si verifica - si direbbe - una
surrogazione reale:
pretium succedit in locum rei, come oggetto del legato. Il quale, sia dal punto di vista logico che dal punto di vista giuridico, procede con piena autonomia, anche sotto il profilo soggettivo: poiché può darsi che il legatario, quando acquistava, non avesse conoscenza del legato, ed è presumibile che il testatore, anche se abbia preveduto l’acquisto - anzi specie in questa ipotesi - abbia voluto che il legato avesse un qualche effetto. Però, se sotto il profilo equitativo l’ipotesi dell’acquisto a titolo oneroso si presenta come maggiormente degna di considerazione ai fini della validità del legato, non si può negare che - salvo il riferimento al sacrificio pecuniario del legatario - tutte le altre ragioni per l’adozione di un'uguale soluzione concorrono anche nell’ipotesi dell’acquisto a titolo gratuito. E soprattutto una: che alla disposizione testamentaria si deve attribuire tutta la sua efficacia, finché sia logicamente e socialmente possibile.
Ora nella specie, nulla si oppone alla validità del legato dal punto di vista sociale, e, dal punto di vista logico, la soluzione è già trovata in relazione all’altra ipotesi: la
surrogazione del valore alla cosa. La regola:
duas causas lucrativas in eundem hominem et in eandem rem concurrere non posse, non risulta vulnerata, non già perché la stessa cosa possa essere acquistata per titoli diversi, ma per il fatto che la cosa e il suo valore possono benissimo considerarsi, dal punto di vista giuridico, come due distinti oggetti; ciò che, peraltro, fa la legge in rapporto all’acquisto a titolo oneroso. Non si giustifica, dunque, la contraria disposizione dell’art. 657 comma 2, la quale riduce la validità del legato soltanto all’ipotesi di acquisto a titolo oneroso.
Circa gli estremi per l’applicabilità di tale disposizione, è superfluo avvertire che bisogna far capo alla regola generale posta dall’art.
651, la quale, peraltro, è espressamente richiamata: conseguentemente,
il legato sarà valido ove risulti da una dichiarazione del testatore che questi, prima dell’apertura della successione, sapeva che la cosa apparteneva al legatario.
La scienza del testatore: 1) non può essere anteriore né coeva alla confezione del testamento; 2) non può risultare dal testamento, perché la legge fa l’ipotesi che la cosa legata sia stata acquistata dal legatario dopo la confezione del testamento.