Cass. civ. n. 2586/2014
In materia societaria è ravvisabile la figura dell'amministratore di fatto nella persona di cui sia stato accertato l'avvenuto inserimento nella gestione di impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative.(Così statuendo la S.C. ha cassato la decisione impugnata, dichiarativa dell'inesistenza della notifica degli avvisi di accertamento, ai fini IRPEF ed ILOR, ad una società a responsabilità limitata, con conseguente decadenza dell'Amministrazione finanziaria dall'azione di accertamento ex art. 49 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, perché effettuata ad un soggetto a cui era stata negata la qualifica di amministratore di fatto senza adeguatamente valutare che lo stesso era stato indicato dal deceduto amministratore formale come il "dominus" della società ed il punto di riferimento per ogni relativo fatto gestionale).
Cass. pen. n. 35346/2013
La nozione di amministratore di fatto, introdotta dall'art. 2639 c.c., postula l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessariamente l'esercizio di tutti i poteri propri dell'organo di gestione, ma richiedono l'esercizio di un'apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive - in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare - il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione.
Cass. pen. n. 39535/2012
La configurazione nell'art. 2639 cod. civ. della nozione di amministratore di fatto non comporta che questi possa essere ritenuto autore esclusivamente dei reati societari e non anche di quelli fallimentari.
Cass. pen. n. 33385/2012
Il soggetto che assuma, in base alla disciplina prevista dall'art. 2639 cod. civ., la qualifica di amministratore "di fatto", essendo tenuto ad impedire ex art. 40, comma secondo, c.p. le condotte illecite riguardanti l'amministrazione della società o a pretendere l'esecuzione degli adempimenti previsti dalla legge, è responsabile di tutti i comportamenti, sia omissivi che commissivi, posti in essere dall'amministratore di diritto, al quale è sostanzialmente equiparato.
Cass. pen. n. 15065/2011
Il soggetto che assume, in base alla disciplina dettata dall'art. 2639 c.c., la qualifica di amministratore "di fatto" di una società è da ritenere gravato dell'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore "di diritto", per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, è penalmente responsabile per tutti i comportamenti a quest'ultimo addebitabili, anche nel caso di colpevole e consapevole inerzia a fronte di tali comportamenti, in applicazione della regola dettata dall'art. 40, comma secondo, c.p. (Fattispecie in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione).
Cass. pen. n. 46962/2007
In tema di reati fallimentari, la previsione di cui all'art. 2639 c.c. — nel testo modificato dal D.L.vo n. 61 del 2002 — non esclude che l'esercizio dei poteri o delle funzioni dell'amministratore di fatto possa verificarsi in concomitanza con l'esplicazione dell'attività di altri soggetti di diritto, i quali — in tempi successivi o anche contemporaneamente — esercitino in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.