La norma conferisce rilevanza, sul piano della disciplina applicabile, alla distinzione tra
società aperte e
società chiuse al mercato dei capitali.
In particolare, le
società aperte (società che ricorrono al mercato dei capitali di rischio) possono essere ulteriormente classificate, in base al grado di apertura al mercato dei capitali, in:
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società con azioni quotate nei mercati regolamentati. Si discute tuttavia se possano essere incluse in tale categoria anche società che ricorrano al mercato di titoli non azionari (obbligazioni; strumenti finanziari partecipativi).
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società con azioni diffuse presso il pubblico in misura rilevante. In merito va notato che l’art. 111-bis disp. att. c.c. fa rinvio espresso all’art. 116 TUF (che rinvia a sua volta all’art. 2 del Regolamento Emittenti emanato dalla CONSOB) per la fissazione delle caratteristiche dimensionali che tali società debbono presentare per poter essere considerate “aperte”.
Alle società aperte andranno applicate
in via residuale le norme comuni in materia di s.p.a., ciò implicando che sulla disciplina comune
prevalgono sia le
e norme civilistiche dettate specificamente per le società aperte, in particolare per le società quotate, sia le norme settoriali contenute nel T.U.F.
Generalmente, può osservarsi che la disciplina delle società aperte, risultante dall’insieme delle disposizioni civilistiche e dalla normativa settoriale, pone al centro l’esigenza di una
maggior tutela delle minoranze e degli investitori, nonché di una migliore
efficienza informativa nei confronti del mercato. Questo è il motivo per cui, tendenzialmente, le società aperte godono di un’
autonomia organizzativa sensibilmente inferiore rispetto alle s.p.a. chiuse.