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Articolo 2325 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Societą che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio

Dispositivo dell'art. 2325 bis Codice Civile

Ai fini dell'applicazione del presente titolo, sono società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio le società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in misura rilevante(1).

Le norme di questo titolo si applicano alle società con azioni quotate in mercati regolamentati in quanto non sia diversamente disposto da altre norme di questo codice o di leggi speciali(2).

Note

(1) Rispetto alla nota suddivisione tra Spa quotate e non quotate nei mercati regolamentati, il legislatore ha individuato una sorta di "tertium genus" che raccoglie: a) la categoria delle società quotate nei mercati regolamentati; b) la categoria delle società non quotate, ma solo nella misura in cui queste abbiano una diffusione rilevante dei propri titoli tra il pubblico (è necessario, a tal fine, che il patrimonio non sia inferiore a 5.164.569 euro e che il numero di azionisti o obbligazionisti sia superiore a 200).
(2) L'originario Capitolo V, Titolo V del Libro V (artt. 2325 a 2461) è stato sostituito dal D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 e comprende oggi gli articoli da 2325 a 2451.

Ratio Legis

La norma, introdotta, con il d. lgs. 6/2003, fornisce la definizione di società che partecipano al mercato dei capitali di rischio, allo scopo di individuare quella categoria di società per azioni cui il legislatore ha inteso applicare una serie di limiti inderogabili sotto il profilo della trasparenza e dell'organizzazione, dettati principalmente dall'esigenza di tutelare i mercati e gli investitori.

Spiegazione dell'art. 2325 bis Codice Civile

La norma conferisce rilevanza, sul piano della disciplina applicabile, alla distinzione tra società aperte e società chiuse al mercato dei capitali.

In particolare, le società aperte (società che ricorrono al mercato dei capitali di rischio) possono essere ulteriormente classificate, in base al grado di apertura al mercato dei capitali, in:
  • società con azioni quotate nei mercati regolamentati. Si discute tuttavia se possano essere incluse in tale categoria anche società che ricorrano al mercato di titoli non azionari (obbligazioni; strumenti finanziari partecipativi).
  • società con azioni diffuse presso il pubblico in misura rilevante. In merito va notato che l’art. 111-bis disp. att. c.c. fa rinvio espresso all’art. 116 TUF (che rinvia a sua volta all’art. 2 del Regolamento Emittenti emanato dalla CONSOB) per la fissazione delle caratteristiche dimensionali che tali società debbono presentare per poter essere considerate “aperte”.

Alle società aperte andranno applicate in via residuale le norme comuni in materia di s.p.a., ciò implicando che sulla disciplina comune prevalgono sia le e norme civilistiche dettate specificamente per le società aperte, in particolare per le società quotate, sia le norme settoriali contenute nel T.U.F.

Generalmente, può osservarsi che la disciplina delle società aperte, risultante dall’insieme delle disposizioni civilistiche e dalla normativa settoriale, pone al centro l’esigenza di una maggior tutela delle minoranze e degli investitori, nonché di una migliore efficienza informativa nei confronti del mercato. Questo è il motivo per cui, tendenzialmente, le società aperte godono di un’autonomia organizzativa sensibilmente inferiore rispetto alle s.p.a. chiuse.


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