Impignorabilità ed insequestrabilità del saldo nel cod. di comm. Pignorabilità e sequestrabilità del saldo nel sistema attuale
Fin tanto che la dottrina e la giurisprudenza ebbero a considerare come effetti essenziali del contratto di conto corrente la trasmissione della proprietà del credito dal rimettente al ricevente e la novazione del credito stesso per effetto della fusione nella massa o della sua trasformazione in posta aritmetica, veniva considerata logica e normale la conseguenza che il credito immesso nel conto non fosse più disponibile, ed in quanto tale, non più soggetto passibile di sequestro.
Il legislatore nel sancire la possibilità del sequestro o del pignora mento dell'eventuale saldo del conto, si è preoccupato particolarmente della tutela degli interessi tanto del correntisti che dei terzi sequestranti o pignoranti. Per quanto riguarda la tutela dei primi ha imposto, e giustamente, al correntista presso il quale il terzo esegue il sequestro o il pignoramento l'obbligo di darne avviso all'altro correntista ; obbligo di avviso perfettamente idoneo a porre in luce nei confronti di quello la situazione particolare nuova in ordine al conto corrente. A tale obbligo di avviso a subordinato il diritto, concesso ad entrambi i correntisti, di recedere dal contratto e di provocarne, entro i limiti di cui si dire, l'arresto. Diritto e facoltà concessa perché effettivamente le parti possono trovare nel sequestro e nel pignoramento un giusto motivo per chiedere lo scioglimento del contratto.
In riferimento alla tutela del terzo, it legislatore dispone che il credito del correntista assoggettato al provvedimento conservativo ed esecutivo, non deve essere menomato o ridotto per effetto di atti o fatti dipendenti dalla sua volontà, come già espressamente sancito dal modello a cui il legislatore si è ispirato. È consentito dalla norma dell'articolo attuale, che nel conto possono essere senz'altro annotate le rimesse fatte in dipendenza di diritti sorti prima del sequestro o del pignoramento. La disposizione è logica, dato il principio che l'attività cautelativa o quella esecutiva verte, non sul credito attuale, ma su quello eventuale futuro e si pone di fronte al rapporto così come esso viene a trovarsi nel momento nel quale stessa viene esplicata.
A questo proposito non si può fare a meno di osservare la imperfezione tecnica contenuta nella disposizione attuale che ha ripetuto la corrispondente imperfezione contenuta nell'art. 425 del progetto del cod. di comm. del 1940, come giustamente fu denunciato dalla dottrina in tale occasione. Si dice testualmente : l’ altro correntista non può con nuove rimesse pregiudicare le ragioni del creditore. è evidente come l’ espressione rimesse venga qui impiegata impropriamente. Se per rimessa si deve intendere introduzione di una attività nel conto, non si vede come da ciò possa discendere un danno al creditore sequestrante o pignorante. Evidentemente qui il significato proprio di rimessa e stato esteso a significare introduzione nel conto di partita passiva, prelevamento od altro addebito, dalla quale effettivamente può discendere un pregiudizio per l'aspettativa del creditore a soddisfarsi sul saldo eventuale futuro.
La norma in questione deve, dopo questo chiarimento logico, essere, a nostro avviso, interpretata nel senso che il correntista non potrà far diminuire artificiosamente, con nuovi affari ed operazioni, o mediante la creazione di crediti per la controparte che vengano ad estinguerli per compensazione.
È da ritenere che dato il carattere del rapporto fondato sulla fiducia reciproca delle parti stipulanti, quasi nella grande maggioranza dei casi, ogni qualvolta sul conto corrente vi sia il rischio possa avvenire un sequestro o pignoramento, preferiranno ricorrere alla possibilità di recedere dal contratto, evitando cosi contestazioni ed evitando preventivamente ogni rischio.