Cosa propria del depositario
"Quando risulti che la cosa appartiene al depositario" e che il depositante non ha su di essa alcun diritto si ha una vera e propria estinzione delle obbligazioni ex deposito, così l'art. 1779, perfezionando la dizione dell'art. 1861 cod. abrogato, che non indicava il requisito negativo della non pertinenza al depositante di alcun diritto sulla cosa del depositario. Ma già era pacifica l'interpretazione, nel senso dell'efficacia del deposito presso lo stesso proprietario di una cosa, che fosse oggetto di un diritto reale limitato o magari di un diritto personale di godimento del depositante. In quest'ipotesi la conservazione dell'efficacia del contratto sarebbe priva di ogni ragione economica, dato che l'eventuale responsabilità di chi ha effettuato un deposito senza aver alcun diritto sulla cosa — in funzione della quale può individuarsi il generale requisito dell'interesse alla prestazione — sorgerebbe nei confronti dello stesso depositario; né, d'altra parte, può ritenersi sussistente, a carico di quest'ultimo, un'obbligazione di custodia in re propria, e, in definitiva, nel proprio esclusivo interesse. Tuttavia l'espressa disposizione deve considerarsi giustificata, perché, non essendo assunta tra i requisiti del deposito alcuna specifica legittimazione a contrarre non solo dal lato del depositante, ma neanche dal lato del depositario (non essendo più menzionata nella definizione del contratto l'alienità della cosa, come invece nell'art. 1835 cod. abrogato), potrebbe sorgere, in mancanza, qualche dubbio dal punto di vista giuridico-formale.
La situazione ipotizzata dalla norma in esame può essere coeva alla conclusione del deposito, o sopravvenuta successivamente. Nel primo caso si deve parlare di nullità del deposito per mancanza di causa; nel secondo, di estinzione (degli effetti obbligatori) di esso, per mancanza sopravvenuta dello stesso requisito: solo sul piano economico si coglie una certa affinità con la confusione (art. 1253), perché giuridicamente il creditore della custodia non è individuabile in funzione del suo interesse ad essa. In ogni caso, cade l'intero contratto e non soltanto le obbligazioni del depositario. Perciò la dizione dell'articolo in esame appare impropria, e se, per giustificare in pratica anche la liberazione del depositante (dall'eventuale controprestazione o dall'obbligo di rimborso delle spese di conservazione), potrebbe farsi capo analogicamente all'art. 1463, è più corretto anche perché sia chiaro che l'iniziativa può essere assunta dal depositante, considerare l'art. 1779 come formulazione imperfetta, perché unilaterale, di una regola di nullità o di estinzione del deposito. Il valore sostanziale della norma coincide, in ultima analisi, con la prescrizione dell'alienità della cosa come requisito del deposito dal lato del depositario; che val quanto dire che occorre, per la validità del contratto, la legittimazione passiva (del depositario), sia pure individuata negativamente, mentre non occorre una legittimazione attiva.
È poi ipotizzabile che la situazione prevista dalla norma, esistente all'atto della conclusione, si modifichi successivamente in seguito ad acquisto della proprietà o di un altro diritto relativo alla res deposita da parte del depositante: in tal caso il deposito è valido (arg. art. 1347).