Lo stato di necessità da pericolo
Già si è posto in rilievo come, nella specie presa in considerazione da questo articolo, minacciata dal pericolo debba essere la persona (del contraente o di un terzo) e non sia invece sufficiente la minaccia diretta contro le cose, per quanto pregevoli esse siano; si è del pari veduto come, appunto a causa del particolare valore individuale e sociale del diritto che è oggetto della lesione, la norma non ponga, in ordine alla «iniquità» dell'obbligazione assunta, un limite esteriore di sufficiente proporzionalità, come per la lesione, di cui all'art. 1448, ma si rimetta alla valutazione discrezionale del magistrato e non richieda il perdurare della lesione sino al momento della proposizione dell'azione.
Le applicazioni del concetto sono chiare. Versa nello stato di necessità da pericolo contemplato nell'articolo in esame chi sta per soccombere a una aggressione, subendo la morte o una lesione personale o la violenza carnale o una menomazione della libertà personale; chi sta per soccombere all'azione bellica, al naufragio, alla fame, alla sete, al freddo e simili; versa invece nello stato di bisogno preso in considerazione nell'articolo successivo — oltre a colui che si induce a cedere per prezzo vile la cosa sotto la pressione del pericolo di perderla ove non la ceda — chi subisce l'azione costrittiva della propria insufficienza economica e non ha i mezzi patrimoniali per acquistare le derrate alimentari che gli occorrono, per pagare i suoi debiti e simili.
Potrebbe a prima vista, sorgere qualche dubbio sulla collocazione di talune situazioni: così potrebbe parere che chi non ha in casa il contante necessario per alimentarsi o per procurarsi un ricovero, ed è quindi minacciato da morte o infermità, per inedia o per freddo, sia nelle condizioni di «pericolo attuale di un danno grave alla persona», e altrettanto potrebbe dirsi, all'infuori delle ipotesi di danno alla persona fisica, in quelle di danno alla persona morale, se ad es. si trattasse di salvarsi dal disonore del fallimento o di una denuncia penale infamante. A ben guardare peraltro, in tutti questi casi, più che il pericolo per la vita, ricorre lo stato di bisogno, cioè la mancanza di denaro. Se io non ho il danaro per acquistare i viveri o le medicine, è quella mancanza che determina, in ipotesi, il pericolo per la vita: il che vuol dire che non è quest'ultimo pericolo la causa immediatamente efficiente, cioè determinante, del ricorso all’usuraio.
Il pericolo attuale di un danno grave
E’ appena il caso di avvertire che:
a) pericolo è la probabilità (non la certezza) di un male futuro, probabilità da valutarsi sulla base del giudizio dell'uomo medio;
b) ai fini della valutazione dell'attualità del pericolo, non ha importanza che il danno abbia a trovar luogo in un tempo più o meno prossimo; quel che interessa è che, per evitarlo, si imponga un cornportamento attuale;
c) danno — lo abbiamo già detto — può derivare così da forza di natura non umana come da forza umana (ed in quest'ultimo caso - lo si è pure veduto – ciò che distingue la fattispecie da quella della violenza è la mancanza, in chi pone in essere il pericolo, dell'intenzione di estorcere con quel mezzo il consenso al contratto);
d) il danno, a differenza di quanto vale per la fattispecie della violenza (art. 1435 cod. civ.), non deve necessariamente essere «ingiusto»;
e) la tutela legislativa è esclusa quando il danno de quo non abbia carattere di gravità.
Irrilevanza della estraneità o meno del soggetto al processo causale dello stato di necessità e della inevitabilità o meno del pericolo
La formula usata per designare lo stato di necessità è letteralmente identica a quella adoperata dagli articoli 2045 cod. civ. e 54 cod. pen. per disporre la attenuata responsabilità civile nel primo caso, la irresponsabilità penale nel secondo, di chi ha commesso, in quello stato, un illecito dannoso: non sono peraltro qui ripetute (e non tornano quindi applicabili) le due condizioni limitatrici contenute nei due testi sopra citati: la estraneità del soggetto al processo causale dello stato di necessità e la inevitabilità del pericolo altrimenti che con l'assunzione delle obbligazioni inique.
Ed è logico che sia così.
L'apposizione di condizioni limitative si comprende negli articoli 2045 cod. civ. e 54 cod. pen. ove si tratta di derogare alla tutela normale dei diritti soggettivi ingiustamente violati; nella specie in esame per contro non sussiste questo conflitto di interessi o diritti antagonistici, che si trattava colà di contemperare: data la intenzionale illegittimità della azione del contraente esoso e la obbiettivamente ingiustificata locupletazione, non possono aver rilievo né la causalità dello stato di necessità né la evitabilità dello stesso con mezzi diversi dalla assunzione delle obbligazioni inique.
Oggetto della prestazione della parte che approfitta dello stato di necessità
La prestazione di chi abusa dello stato di necessità può avere qualsiasi oggetto. Né varrebbe cercar di argomentare in contrario da ciò che l'art. 1447, 2° comma parla di «opera prestata»; è evidente infatti come tale espressione abbia una portata solo letteralmente restrittiva, e sia stata adoperata verosimilmente perché il legislatore aveva presente, a modo di paradigma, la ipotesi statisticamente più frequente, cioè quella di chi si adopera per salvare uno del suo prossimo che versa in pericolo; come, pertanto, nella intenzione della legge vi si comprendano tutte le altre ipotesi affini, e perciò si imponga la interpretazione estensiva. Non si capirebbe infatti perché dovrebbe essere soggetto a rescissione chi strozza il naufrago per portarlo a riva con l'attività del nuotare, e non chi lo strozza per dargli in uso o per vendergli la sua barca; chi strozza per un atto di personale assistenza sanitaria, e non per la somministrazione di medicinali; chi strozza per portare in salvo a braccia la vittima di un inseguimento minaccioso, non chi strozza per aprirle le porte della propria casa e ivi ricoverarla.
Oggetto della prestazione della vittima
Le considerazioni testè fatte inducono ad analoga conclusione per quanto concerne la prestazione della vittima dello stato di necessità; e ciò nonostante che la norma parli di assunzione di obbligazione («contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni»; «parte che si è obbligata»), mentre l'art. 1448 si riferisce più genericamente a «la prestazione di una parte» ed a «quella dell'altra: deve pertanto ritenersi che rientrino nell'ambito della norma anche i casi di modifica del debito o del credito della vittima, di estinzione di un suo credito, di perdita di un diritto reale da parte sua ecc.
Potere del giudice di attribuire un compenso a tale parte
il secondo comma dell’articolo non abbisogna di commento. La rescissione del contratto non è naturalmente di ostacolo a che la parte chieda con azione autonoma il compenso per la prestazione effettuata; la norma consente inoltre al giudice di pronunciare su tale compenso, da determinarsi in via equitativa, nello stesso giudizio di rescissione.
A differenza di quanto stabilito nell'art. 209 del progetto ministeriale, questa è peraltro la sola facoltà concessa al giudice, il quale non ha più il potere di ridurre o modificare le obbligazioni assunte dal leso. E opportunamente in quanto, col ridurre e modificare tali obbligazioni, si opererebbe una modifica del rapporto contrattuale.
Quest'ultima norma si presenta a prima vista, come un’applicazione del principi generali sul pagamento dell'indebito. Una volta pronunciata la rescissione, infatti, la parte si trova ad aver effettuato una prestazione senza causa; donde il suo diritto alla ripetizione, che - trattandosi di «opera prestata » - si converte nel diritto al valore di questa.
Non si tratta peraltro di applicazione pura e semplice, essendo — come si è veduto — l'assegnazione del compenso subordinata ad una valutazione dells circostanze, operata con potere discrezionale dal giudice, e potendo, per di più, la determinazione dell'ammontare del compenso essere fatta, non già con rigoroso riferimento al valore dell'eseguita prestazione, ma in base a criteri equitativi.
Tali criteri valgono naturalmente anche nel caso in cui il compenso venga richiesto con azione autonoma, in separato giudizio.
Inapplicabilità dell'art. 1447 ad ipotesi diverse da quella prevista
E’ appena il caso di avvertire che l’art. 1447, per il suo carattere eccezionale, non può essere applicato per analogia ad ipotesi non previste nella norma.