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Quoad valorem (o ratione valoris)

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Per la determinazione del valore della domanda

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Consulenze legali
relative a "Quoad valorem (o ratione valoris)"

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Rino O. chiede
martedģ 06/11/2012 - Veneto

“E' legalmente non appellabile, in quanto scarsamente remunerativa, una sentenza di primo grado relativa ad una doppia alienazione immobiliare nella quale il Giudice ha riconosciuta come tale la doppia alienante, condannandola, ma ha contemporaneamente aggiudicato il bene al secondo acquirente primo trascrivente di mala fede ignorando le richieste della difesa che chiedeva sia la CTU che il "consilium fraudis" e che venivano respinte entrambi senza il necessario contraddittorio?”

Consulenza legale i 08/11/2012

Premesso che l'opportunità di impugnare una decisione di primo grado può essere compiutamente valutata solo ed esclusivamente a seguito di attento esame degli atti di causa, è possibile dare alcune indicazioni di massima.

Innanzitutto si precisa, come sottointeso nel caso in esame, che il venditore che alieni il medesimo immobile in tempi successivi a due diversi acquirenti è tenuto al risarcimento del danno nei confronti del primo compratore nel caso in cui il secondo acquirente abbia trascritto per primo: la giurisprudenza prevalente ritiene che tale responsabilità abbia natura contrattuale. Oltre al ristoro del danno subito, tuttavia, il primo acquirente ha anche la possibilità, per conservare la garanzia relativa al proprio credito, di esercitare l'azione revocatoria in riferimento alla seconda alienazione (art. 2901 del c.c.).

In tal caso, tuttavia, è necessario che l'attore dia prova, non della semplice conoscenza della precedente alienazione da parte del secondo acquirente, bensì della partecipazione di questi ad un disegno fraudolento. Tale fatto può essere anche desunto da obiettive circostanze, come la presenza di vantaggi, da parte del secondo acquirente, al di fuori di quelli strettamente conseguenti alla trascrizione (Cass., sez. II, 2 febbraio 2000, n. 1131). La prova della dolosa preordinazione, richiesta dall'art. 2901 del c.c., primo comma n. 2), è particolarmente complessa, in quanto l'attore sarà tenuto a dimostrare che il debitore alienante, assecondato dal secondo acquirente, ha agito per sminuire la sua consistenza patrimoniale e non, ad esempio, per una sua utilità, come quella di conseguire un prezzo più vantaggioso (Cass. cit. 1131/2000).

L'onere della prova grava sull'attore che agisce in revocatoria, ossia sul primo compratore. Se il giudice di primo grado, com'è in suo potere fare, ha ritenuto tale prova insussistente o ha dichiarato inammissibili le prove attoree richieste, non si può escludere che invece il giudice di appello possa al contrario ritenere che la prova sia stata data o avrebbe potuto essere data proprio mediante mezzi di prova non ammessi. Il giudice di seconde cure, infatti, ha il compito di riesaminare interamente la causa, non potendo però porre a fondamento della sua decisione prove prodotte solo in secondo grado, a meno che la parte non possa provare di non averle potute allegare in precedenza per causa a sé non imputabile.

Come anticipato , però, qualsiasi valutazione in merito all'opportunità di proporre appello va attentamente operata da un legale che possa esaminare con cura gli atti del giudizio di primo grado. Va peraltro sottolineato che, nel caso di specie, l'impugnazione potrà riguardare solo il capo relativo alla domanda revocatoria e non a quello di condanna del venditore al risarcimento, posto che sul punto il secondo compratore è risultato vittorioso e non vi è quindi soccombenza.

E' bene precisare, in ogni caso, che secondo la giurisprudenza di legittimità una siffatta azione revocatoria non potrà avere come conseguenza la restituzione della cosa (quasi si trattasse di un risarcimento in forma specifica), ma solo la dichiarazione di inefficacia del secondo atto di alienazione, con persistenza della titolarità del bene in capo al venditore, a garanzia dell'obbligo di questi di risarcire il danno. L'immobile è visto, quindi, come bene da aggredire in sede esecutiva.

Pertanto, il giudizio di appello non potrà in ogni caso concludersi con una aggiudicazione dell'immobile al primo acquirente (non essendo specificato nel caso proposto se il primo acquirente avesse concluso un contratto preliminare o un contratto definitivo con il venditore, si avverte che quanto detto vale anche per il primo caso, v. Cass., sez. III, 10 ottobre 2008, n. 25016).