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Articolo 19 Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 10/10/2024]

Contributo di costruzione per opere o impianti non destinati alla residenza

Dispositivo dell'art. 19 Testo unico edilizia

1. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari alla incidenza delle opere di urbanizzazione, di quelle necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, liquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi ove ne siano alterate le caratteristiche. La incidenza di tali opere è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base a parametri che la regione definisce con i criteri di cui al comma 4, lettere a) e b) dell'articolo 16, nonché in relazione ai tipi di attività produttiva.

2. Il permesso di costruire relativo a costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali o allo svolgimento di servizi comporta la corresponsione di un contributo pari all'incidenza delle opere di urbanizzazione, determinata ai sensi dell'articolo 16, nonché una quota non superiore al 10 per cento del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione ai diversi tipi di attività, con deliberazione del consiglio comunale.

3. Qualora la destinazione d'uso delle opere indicate nei commi precedenti, nonché di quelle nelle zone agricole previste dall'articolo 17, venga comunque modificata nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori, il contributo di costruzione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione.

Spiegazione dell'art. 19 Testo unico edilizia

La questione interpretativa più rilevante posta dalla norma in commento è la distinzione tra le nozioni di “attività industriali o artigianali dirette alla trasformazione di beni ed alla prestazione di servizi”, disciplinate dal comma 1, e di “costruzioni o impianti destinati ad attività turistiche, commerciali e direzionali o allo svolgimento di servizi”, disciplinate dal comma 2.

L’inquadramento di un fabbricato nell’una o nell’altra categoria comporta l’applicazione di un regime differenziato per quanto riguarda il contributo costruttivo, che è decisamente più favorevole per le attività industriali o artigianali, rispetto alle altre attività turistiche, commerciali e direzionali previste nel comma 2.
La ratio della norma va ricercata nella circostanza che la circolazione delle merci determina un carico urbanistico maggiore rispetto a quello collegabile alla produzione dei beni nell'ambito ed all'interno della stessa struttura.

La giurisprudenza sembra in via generale orientata a classificare gli edifici facendo riferimento alla loro concreta natura piuttosto che alla zona urbanistica nella quale si trovino.
Il dato urbanistico, dunque, non è considerato dirimente ai fini dell’articolo 19, posto che -ad esempio- le attività commerciali non vengono localizzate in una specifica zona ma possono realizzarsi in qualsiasi parte del territorio comunale, ma è necessario avere riguardo alle caratteristiche oggettive dell’edificio ed al suo uso prevalente.
In generale, la destinazione industriale viene riconosciuta per le attività dirette alla produzione di beni o servizi, mentre l'attività commerciale si caratterizza per la sua funzione di intermediazione nella circolazione dei beni e servizi.

I fabbricati complementari realizzati nei complessi industriali sono attratti nell’ambito di applicazione del comma 1 soltanto quando siano direttamente asserviti alle esigenze proprie di un impianto industriale, con esclusione degli edifici che non siano di per sé destinati alla produzione di beni industriali, ovvero le opere edilizie comunque suscettibili di essere utilizzate al servizio di qualsiasi attività economica.
È il caso, ad esempio, delle strutture adibite a magazzino, che vengono generalmente inquadrate nelle fattispecie di cui al comma 2, ove non siano connesse e legate da un nesso di stretta funzionalità ad altro stabile adibito alla attività produttiva industriale.

Un’ipotesi peculiare che vale la pena ricordare, e che è stata affrontata in molteplici occasioni dalla giurisprudenza, è quella delle case di cura private, che vengono qualificate come attività imprenditoriali dirette alla prestazione di servizi sanitari e, pertanto, beneficiano del regime previsto dal comma 1 dell’articolo in esame.

Infine, il mutamento di destinazione d’uso, anche in assenza di opere, che comporti il passaggio ad una classe contributiva diversa e più onerosa e che venga attuato entro il decennio dall’ultimazione dei lavori, determina l'applicazione del regime contributivo proprio dell’attività “di destinazione”.

Massime relative all'art. 19 Testo unico edilizia

Cons. Stato n. 1365/2011

Nelle controversie aventi per oggetto gli obblighi di pagamento dei contributi afferenti le concessioni e i permessi edilizi, il giudizio non ha carattere impugnatorio, ancorché esso sia proposto, formalmente, come contestazione di una determinazione amministrativa, in quanto mira ad accertare la sussistenza o la misura del credito vantato dal Comune; ne deriva che il ricorso può essere correttamente proposto nel termine di prescrizione del diritto, e dunque anche dopo che siano trascorsi più di sessanta giorni dalla conoscenza, da parte dell'interessato, dell'atto con cui l'amministrazione ha quantificato i contestati contributi, richiedendone il pagamento.

Cons. Stato n. 1013/2011

L'imposizione della cd. monetizzazione delle aree per urbanizzazione secondaria a carico del soggetto a cui viene rilasciata la concessione edilizia, non costituisce una duplicazione del contributo concessorio, stante diversità ontologica con il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria ex lege 10/1977. Infatti mentre quest'ultimo si risolve in un contributo per la realizzazione delle opere, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita l'area interessata alla imminente trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standard afferisce al reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria all'interno della specifica zona di intervento. La prestazione patrimoniale consistente nella monetizzazione delle aree per urbanizzazione secondaria accede intimamente alla rilasciata concessione edilizia, pertanto la pretesa a non adempiere a tale obbligo deve essere necessariamente fatta valere, in sede di contestazione della legittimità degli atti e provvedimenti di imposizione, con l'impugnazione della concessione nel termine decadenza previsto dalla legge, non potendosi utilizzare lo strumento dell'azione di accertamento per contestarne l'illegittimità o comunque l'insussistenza di tale obbligazione pecuniaria.

Cons. Stato n. 6950/2010

La c.d. monetizzazione -consistente nel pagamento di una somma di denaro in alternativa alla cessione gratuita di aree necessarie per le opere di urbanizzazione- è prevista dalla Legge Regionale lombarda 5.12.1977 n. 60 (norme di attuazione della legge 20.01.1977 n. 10) con esclusivo riferimento alla lottizzazione di aree edificabili. Dalla disciplina in questione (in particolare art. 12, lett. a), ne discende che la monetizzazione, per un verso, presuppone un intervento subordinato al piano di lottizzazione (o a piano attuativo assimilabile); per altro verso ha fonte in un atto convenzionale (preordinato all'esecuzione del piano), che precede -essendone il presupposto- il rilascio delle singole concessioni edilizie

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