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Diritto processuale penale -

La messa alla prova per imputati minorenni a piede libero in un Comune lombardo: il ruolo del servizio sociale territoriale

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2021
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą Cattolica del Sacro Cuore di Milano
FACOLTÀ: Scienze Politiche
ABSTRACT
La messa alla prova per i minorenni è un istituto giuridico che esiste da oltre 30 anni: ci si potrebbe domandare, quindi, il perché di un approfondimento su un tema che la letteratura giuridica, psicologica e pedagogica hanno sviscerato ormai da lungo tempo. Lo sguardo innovativo con cui è stato sviluppato questo lavoro è costituito dal punto di osservazione adottato, quello di un social worker impegnato nella tutela minorile di un grosso comune della cintura milanese: Sesto San Giovanni. In Lombardia, a differenza di ciò che accade nel resto d’Italia, sono i Comuni a occuparsi, in via prioritaria e spesso esclusiva, dei minorenni imputati che affrontano il processo in stato di libertà (cc.dd. a piede libero), mentre l’U.S.S.M. - ossia il Servizio Sociale per i Minorenni del Ministero della Giustizia - si occupa dei giovani che subiscono una misura limitativa della libertà personale. Nella messa alla prova si realizza un dialogo a più voci tra vari rappresentanti del mondo adulto, i quali sono tutti chiamati a realizzare il preminente interesse del minorenne, ciascuno nel proprio ruolo e in una delicata relazione di equilibrio con gli altri attori. Le ricerche dimostrano che, in questa fase, si realizzano le più intense contaminazioni culturali e professionali tra servizi socio-educativi e magistratura, per giungere a una condivisione sui significati della messa alla prova. La tesi sostenuta in questo lavoro è che il servizio sociale dell’Ente Locale sia quello potenzialmente idoneo, previa adeguata preparazione professionale dei suoi operatori, a svolgere quella funzione di snodo tra il giovane deviante e la comunità locale, chiamata a responsabilizzarsi per il suo recupero. Le attività di osservazione, trattamento e sostegno, previste dal secondo comma dell’art. 28 d.P.R. 448/1988 si traducono, per un operatore sociale che voglia adottare la metodologia relazionale, in azioni specifiche miranti a realizzare il massimo coinvolgimento possibile del minorenne e della sua rete relazionale, nella definizione ed attuazione di un progetto educativo personalizzato e adeguato ai bisogni del giovane; bisogni rilevati in fase di accertamento sulla personalità del minorenne ex art. 9 d.P.R. 448/1988 e riconosciuti e condivisi dal giovane stesso, in quella azione costante di decodifica del significato comunicativo sotteso al gesto antisociale messo in atto in modo irriflesso. La ricerca sul proprio operato diventa strumento di autoconsapevolezza e di riflessività per gli operatori sociali. Abbiamo, quindi, voluto analizzare le cartelle relative ai giovani messi alla prova negli ultimi tre anni e seguiti dal servizio sociale di Sesto San Giovanni, per fare emergere le caratteristiche, comparandole con i dati disponibili a livello nazionale e mettere in relazione gli esiti delle sospensioni con gli elementi contenuti nei progetti. Innanzitutto si rileva la rapida crescita delle sospensioni del procedimento con messa alla prova disposte a favore dei giovani autori di reato, sia a livello locale sia a livello nazionale. Il profilo tipico del giovane messo alla prova a Sesto San Giovanni è quello di un ragazzo che ha abbandonato la scuola e che non lavora, vive in un nucleo monogenitoriale, numeroso e a basso reddito, è consumatore di sostanze e ha già avuto contatto con i servizi in passato. Questo profilo appare più critico rispetto a quello rilevato in alcune ricerche locali negli anni passati e che aveva indotto gli osservatori a dedurre che la messa alla prova fosse una misura elitaria, destinata ai giovani già dotati delle risorse familiari ed ambientali necessarie per una positiva evoluzione della personalità. L’età della commissione del reato a Sesto appare più bassa della media nazionale: i 14 – 15enni sono numerosi, mentre la letteratura aveva osservato come, in quella fascia d’età, prevalessero i reati cc.dd. bagatellari che comportavano prevalentemente misure di proscioglimento come la dichiarazione di immaturità, l’irrilevanza del fatto o il perdono giudiziale. L’età all’avvio della messa alla prova è molto più elevata, mettendo in luce la principale disfunzione del sistema giuridico e sociale di fronteggiamento della criminalità giovanile: una gestione delle tempistiche che non tiene conto dei tempi di crescita e di maturazione dei ragazzi, i quali tra la commissione del reato ed il processo possono consolidare un’identità deviante, commettendo altri illeciti. Per quanto concerne la tipologia di reato, a Sesto prevalgono i reati contro la persona, seguiti da quelli contro il patrimonio (a livello nazionale l’ordine è inverso). L’abbinamento tra lesioni e rapina è quello prevalente, ma emergono nuove fattispecie come quella degli atti persecutori e dei maltrattamenti in famiglia (il nuovo fenomeno del parental abuse), che si verificano in alcuni casi in nuclei adottivi, ma non solo.

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Norme di riferimento

  • Codice Processo Penale Minorile
  • Decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272 “Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, recante disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni”
    Circolare 22 novembre 2007, n. 37 della Direzione Generale Famiglia e Solidarietą sociale della Regione Lombardia
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