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Articolo 3 Preleggi

[Aggiornato al 25/09/2024]

Regolamenti

Dispositivo dell'art. 3 Preleggi

Il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere costituzionale (1).
Il potere regolamentare di altre autorità è esercitato nei limiti delle rispettive competenze, in conformità delle leggi particolari (2).

Note

(1) L'art. 17, l. 400/1988 distingue cinque tipi di regolamenti governativi: a) regolamenti di esecuzione (delle leggi e dei decreti legislativi); b) regolamenti di attuazione ed integrazione (delle leggi e dei decreti che si limitino a fissare i criteri di principio della disciplina della materia non riservata loro in maniera assoluta); c) regolamenti indipendenti (nelle materie, non riservate alla legge, in cui manchi una disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge); d) regolamenti di organizzazione (per la ripartizione delle competenze tra i vari uffici della P.A., nel rispetto dei principi dettati dalla legge [v. Cost. 97]); e) regolamenti di ricezione degli accordi collettivi di lavoro.
Il comma 2 dell'art. 17 della l. 400/1988 prevede i c.d. regolamenti delegati, mediante i quali si realizza il fenomeno della delegificazione: è così definito il potere del legislatore di affidare una determinata materia, già disciplinata dalla legge, alla competenza normativa del potere esecutivo. Si autorizza, cioè, espressamente tale potere a regolare materie, già disciplinate con legge ordinaria, mediante l'uso di regolamenti: tali atti di normazione non hanno però forza di legge, in quanto non ricorre una vera e propria forma di delega della potestà legislativa. Semplicemente, essi vengono «autorizzati» a disciplinare materie declassate al livello della normazione secondaria.
Cfr. art. 7 (Testi unici), l. 8-3-1999, n. 50; art. 1, l. 24-11-2000, n. 340 (legge di semplificazione 1999).
(2) I regolamenti delle altre autorità hanno carattere di terzietà: essi cioè sono subordinati non soltanto alla legge ma anche ai regolamenti governativi, come espressamente previsto, per i regolamenti ministeriali, dalla l. 400/1988 [v. 4].

Massime relative all'art. 3 Preleggi

Cass. civ. n. 1115/1995

Le deliberazioni del Consiglio Nazionale Forense previste dall'art. 1 della Legge 3 agosto 1949 n. 536 integrano un regolamento adottato da un'autorità non statale in forza di un autonomo potere regolamentare che ripete la sua disciplina da leggi speciali, in conformità all'art. 3, comma secondo, delle Disposizioni della Legge in generale, e che non è trasformato in regolamento governativo dal decreto ministeriale di approvazione, emanato nell'esercizio di un potere di controllo, per cui le singole disposizioni dettate da detta delibera (che non hanno il vigore e la forza di una norma giuridica) in tanto possono essere applicate dal giudice, in quanto siano ricomprese nell'ambito del potere regolamentare attribuito al Consiglio Nazionale Forense, che è ristretto alla fissazione dei criteri per la determinazione degli onorari ed indennità spettanti agli avvocati per la loro opera professionale. Pertanto, nella parte in cui attribuisce al parere del Consiglio dell'Ordine efficacia vincolante anche nei confronti del giudice chiamato a risolvere una controversia avente ad oggetto la riducibilità al di sotto dei minimi tabellari del compenso spettante ad un avvocato per le sue prestazione stragiudizionali, la disposizione dell'art. 9 delle Norme generali della Tariffa stragiudizionale deliberata il 28 maggio 1982 – in quanto esorbita dai limiti dell'anzidetto potere regolamentare – è illegittima e deve essere disapplicata. Correlativamente, ai fini della pronuncia del giudice è sufficiente che il parere sia stato acquisito in giudizio e, ove il Consiglio dell'Ordine ne abbia denegato il rilascio, è sufficiente che la parte che vi abbia interesse dimostri sia di averlo chiesto e sia che è stato rifiutato.

Cass. civ. n. 10124/1994

A differenza degli atti e provvedimenti amministrativi generali – che sono espressione di una semplice potestà amministrativa e sono rivolti alla cura concreta d'interessi pubblici, con effetti diretti nei confronti di una pluralità di destinatari non necessariamente determinati nel provvedimento, ma determinabili – i regolamenti sono espressione di una potestà normativa attribuita all'amministrazione, secondaria rispetto alla potestà legislativa, e disciplinano in astratto tipi di rapporti giuridici mediante una regolazione attuativa o integrativa della legge, ma ugualmente innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente, con precetti aventi i caratteri della generalità e dell'astrattezza. A norma dell'art. 17, L. n. 400 del 1988, per i regolamenti di competenza ministeriale sono richiesti il parere del Consiglio di Stato e la preventiva comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri. (Omissis).

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