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Versare contanti sul conto corrente, ecco cosa scrivere nella causale per evitare controlli del Fisco e altri problemi

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Versare contanti sul conto corrente, ecco cosa scrivere nella causale per evitare controlli del Fisco e altri problemi
I versamenti in contante sui conti correnti rappresentano un campanello d’allarme per il Fisco. Ogni movimento di denaro viene monitorato e le autorità fiscali hanno accesso a informazioni dettagliate su versamenti, prelievi e giacenze. Qual è allora la causale giusta da indicare per un versamento in contanti sul proprio conto corrente bancario?
Versamenti consistenti o regolari potrebbero essere considerati dal Fisco come redditi occulti. Bonifici ricevuti senza una causale chiara possono indicare lavoro nero o attività illecite.
In caso di "operazioni sospette", l'Agenzia delle Entrate ha il potere di effettuare controlli sui conti correnti dei contribuenti, al fine di verificare la correttezza della dichiarazione dei redditi e l’adempimento degli obblighi fiscali.
Ogni anno, le banche e gli uffici postali sono obbligati a fornire al fisco tutte le informazioni relative ai conti correnti dei contribuenti, come previsto dall'art. 32 delle disp. accert. imp. redditi, che conferisce all'Agenzia delle Entrate poteri di accesso ai dati bancari.

Dei soldi versati sui conti correnti è, quindi, necessario ricostruire la provenienza con prove certe. Questo significa che, se una persona versa una somma ingente di denaro contante, deve essere pronta a ricostruirne la storia: in mancanza di prove documentali, il contribuente deve affrontare il rischio che l’Agenzia delle Entrate consideri tali somme come redditi imponibili.
Le difficoltà sorgono quando questi soldi non trovano corrispondenza nelle dichiarazioni dei redditi. Anche se il denaro proviene da fonti legittime, come risparmi o donazioni, la mancanza di documentazione adeguata può dare origine a sospetti.

Qual è, allora, la causale giusta per un versamento in contanti sul proprio conto corrente bancario?
La causale del bonifico indica il motivo per cui spostiamo una determinata somma da un conto a quello di un’altra persona (o di un ente, di un'azienda, associazione, eccetera). In assenza di una specifica prescrizione di legge che ne imponga la relativa indicazione, si deduce che la causale non costituisce un elemento essenziale del bonifico.
Tuttavia - al fine evitare possibili problemi con il Fisco - si invita sempre a descrivere correttamente la causale, indicando altresì dei riferimenti temporali ben precisi.
Se, ad esempio, si deve pagare il canone di locazione di luglio, la causale potrebbe essere “Canone di locazione luglio 2025”. Nel caso in cui, invece, si tratti di una fattura, è opportuno scrivere il numero del documento in questione e il relativo oggetto. A titolo di esempio la causale potrebbe essere: "Fattura n. 23, acquisto lenti a contatto mensili".

Ciò per un duplice ordine di motivazioni:
  • di carattere pratico, ovvero per tenere traccia dei trasferimenti di denaro che sono stati eseguiti e ricordarne le motivazioni;
  • per fini probatori, qualora siano in corso delle indagini dell’Agenzia delle Entrate.

Le finalità di uno spostamento di denaro potrebbero, invero, non essere del tutto chiare al Fisco e proprio la mancata giustificazione dell’operazione potrebbe determinare una presunzione sfavorevole per il contribuente che l’ha eseguita.

La causale, quindi, in questi casi assume un ruolo determinante. Si segnala, sul punto, anche l'ordinanza della Cassazione - la n. 16850 del 19 giugno 2024 - in cui si spiega che, se il contribuente non fornisce valide giustificazioni dei prelievi e versamenti effettuati su conti correnti a lui riconducibili, è legittimo l’accertamento bancario eseguito dall’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 32 poc'anzi citato. In pratica viene in rilievo la "presunzione di reddito”, una regola secondo cui ogni versamento su un conto corrente può essere considerato reddito, a meno che non si dimostri il contrario.

Ecco alcuni esempi di causali da poter utilizzare:
  • causale per sostegno genitoriale, contributo spese quotidiane: queste causali indicano chiaramente il motivo del trasferimento senza lasciare margini di interpretazione fiscale;
  • causale per locazione e affitto: per le locazioni di immobili, ad uso abitativo o commerciali, nella causale va riportata semplicemente la dicitura “canone di affitto” o “canone di locazione”. Inoltre, è importante indicare sia l’anno che il mese a cui il bonifico si riferisce: ad es. canone di locazione luglio 2025;
  • causale per donazione o prestito: la causale deve essere inserita anche nel caso in cui si desideri, ad esempio, regalare una somma di denaro. In tal caso si consiglia di indicare sempre nome e cognome del beneficiario, oltre al motivo del versamento. Ad esempio è possibile scrivere: “regalo a mio figlio per il compleanno”, “contributo a mia figlia per studiare all’estero” e così via. Per importi molto alti, invece, la sola causale potrebbe non bastare, occorrendo ricorrere a un atto scritto;
  • causale per pagamenti: nel caso il bonifico serva a pagare dei servizi, forniture di beni o prodotti ricevuti, è importante riportare nella causale i numeri identificativi delle fatture in questione. Buona norma è anche specificare se si sta pagando un acconto o l’intero prezzo del servizio;
  • causale per ristrutturazioni della prima casa. In questo caso, per ottenere le detrazioni fiscali è necessario effettuare il c.d. “bonifico parlante“. Questo tipo di bonifico contiene delle informazioni aggiuntive rispetto a quello ordinario, come il codice fiscale del soggetto pagante, la partita Iva dell’impresa che ha effettuato i lavori, nonché la norma di legge che consente di ottenerlo.

In particolar modo il Fisco è insospettito proprio dai contanti, visto che non sono tracciabili: non avere la certezza che sono stati dichiarati dal contribuente fa, appunto, presumere che si tratti di denaro di dubbia provenienza.

Ma quali sono le somme che non devono essere dichiarate al Fisco e si considerano, quindi, esenti da imposta?

Si considera lecito l’eventuale versamento, tramite bonifico, delle somme elencate di seguito, anche se le stesse non troveranno riscontro nella dichiarazione dei redditi:
  • soldi ricevuti in prestito;
  • donazioni di genitori ai figli o dei figli ai genitori entro un milione di euro;
  • donazioni da fratelli e sorelle entro 100.000 euro;
  • denaro proveniente da donazioni di modico valore;
  • soldi ricavati dalla vendita di un oggetto usato senza plusvalenza;
  • soldi provenienti da vincite al gioco o da scommesse (sono tassati alla fonte);
  • risarcimenti ricevuto per danno morale o biologico.

Ma se queste somme sono erogate in contanti e il contribuente le versa sul conto corrente, come giustifica la provenienza?

Più nel dettaglio, quando scatta un accertamento fiscale, l'Agenzia delle Entrate invia al contribuente un questionario, per chiarire l'origine delle disponibilità economiche che gli hanno permesso di effettuare il versamento; il contribuente può difendersi utilizzando la cosiddetta "prova documentale", una prova scritta con data certa che dimostri come i soldi provengano da vincita/donazione/regalo/vendita/risarcimento.

Se, ad esempio, hai ricevuto un versamento in contanti sul tuo conto corrente che rappresenta la restituzione di un prestito (mutuo) che avevi precedentemente concesso a un’altra persona (ad esempio un amico, un familiare o altro), per evitare che il Fisco te lo consideri un reddito non dichiarato è importante — e spesso necessario — che tu possa dimostrare l'esistenza del prestito con una documentazione adeguata.
In particolare, è fondamentale avere un contratto di mutuo redatto per iscritto. Per dare maggiore validità al documento, è consigliabile che questo presenti una data certa anteriore all’operazione finanziaria contestata. Questo può essere ottenuto, ad esempio, tramite:
  • registrazione del contratto presso l’Agenzia delle Entrate (obbligatoria se sono previsti interessi);
  • invio del contratto tramite Posta Elettronica Certificata (PEC);
  • autenticazione delle firme da parte di un notaio (CGT di Napoli, sentenza n. 14444/2023).


In caso di donazione o prestito potrebbe essere utile una ricevuta con firma autenticata dal notaio.

In caso di vincita al gioco è, invece, necessaria la documentazione ufficiale che attesti - in modo formale e inconfutabile - l’effettiva vincita e la regolare riscossione della somma netta da parte dell’ente concessionario del gioco o dell’organizzatore autorizzato. Tale documentazione può includere, ad esempio:
  • la comunicazione ufficiale di vincita da parte dell’ente;
  • la ricevuta di pagamento della vincita (che spesso indica anche l’eventuale ritenuta fiscale già applicata alla fonte);
  • la certificazione fiscale della vincita, qualora prevista e rilasciata dall’ente pagatore (CGT Napoli, sentenza n. 2133/2022).

In sede di ricorso, contro la presunzione legale del Fisco, il giudice potrebbe anche richiedere una testimonianza scritta di chi ha erogato le somme.

Questa è la strada da percorrere, ma bisogna fare attenzione: è il contribuente che deve dare la prova contraria e questa prova - si ribadisce - deve essere supportata da una sufficiente documentazione.


Sul punto - si rammenta - la Corte di Cassazione ha, in ripetute occasioni, ribadito che il contribuente deve dimostrare, per ogni singolo versamento bancario, che le somme non derivano da operazioni imponibili, sottolineando che la prova fornita non può essere generica, ma deve essere analitica e dettagliata (Cass. n. 17413/2022, n. 24367/2021). I giudici, inoltre, hanno anche riconosciuto la possibilità di difendersi attraverso presunzioni semplici, a condizione, tuttavia, che gli elementi forniti siano gravi, precisi e concordanti (Cass. n. 17413/2022).

Se il contribuente non riesce a fornire una spiegazione soddisfacente, l’Agenzia delle Entrate considera i versamenti non giustificati come redditi non dichiarati, emettendo un avviso di accertamento. Questo avviso include non solo il pagamento delle imposte dovute, ma anche le relative sanzioni per evasione fiscale.

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