Sono intervenute diverse pronunce di vari Tribunali, che hanno affrontato l’argomento relativo alla spendita di banconote falsificate, di cui agli art. 455 e 457 codice penale.
L’argomento pare di notevole interesse, dal momento che a tutti può succedere di trovarsi a maneggiare, magari inconsapevolmente, delle banconote falsificate.
In particolare, può essere utile analizzare innanzitutto due pronunce del Tribunale di Firenze, la sentenza n. 33 del 2016 e la sentenza n. 1297 del 2015.
Con la prima di tali pronunce, il Tribunale di Firenze ha precisato che “in tema di falso, la valutazione in ordine alla sussistenza dell’ipotesi di reato impossibile ex art. 49 c.p. per l’inidoneità assoluta dell’azione, deve essere fatta “ex ante”, vale a dire sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l’azione viene posta in essere, indipendentemente dai risultati”.
In altri termini, questo significa che, a determinate condizioni, da valutarsi in base alle circostanze di fatto esistenti nel momento in cui l’azione viene posta in essere, il giudice potrà concludere nel senso che il reato non possa dirsi configurato, stante l’inidoneità dell’azione a commettere l’illecito.
Tuttavia, come detto, occorre valutare le circostanze: così, ad esempio, con la pronuncia esaminata, il giudice aveva proceduto alla condanna, dal momento che la banconota falsa era stata utilizzata di notte e la polizia aveva ritenuto necessario inviarla alla Banca d’Italia per i controlli del caso.
Con la seconda delle pronunce citate, invece, il Tribunale di Firenze ha precisato come, ai fini della configurabilità del reato di spendita di monete falsificate, di cui all’art. 455 codice penale, “non è necessaria una assoluta conoscenza della falsità nel momento in cui le monete sono ricevute ma, al fine di escludere la buona fede nella ricezione, è sufficiente anche il mero dubbio, idoneo a trasferire il fatto sotto il titolo meno grave di cui all’articolo 457 c.p.” (spendita di monete falsificate ricevute in buona fede).
Così ad esempio, nel caso all’esame del Tribunale, il giudice aveva ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 455 codice penale, in quanto l’imputato aveva pagato una prostituta con una banconota falsa, spendendola di notte e lungo una strada.
Anche il Tribunale di Perugia e il Tribunale di Torino si sono trovati ad affrontare delle ipotesi di reato di “spendita di monete falsificate”.
In particolare, il Tribunale di Perugia, con la sentenza n. 1147 del 2015, ha considerato sussistente il reato, in un caso in cui era stata trovata addosso ad un soggetto una banconota praticamente uguale (falsa) a quella precedentemente utilizzata per l’acquisto di un bene (parimenti falsa).
Il Tribunale di Torino, invece, con la sentenza n. 34 del 2012, ha considerato integrata la fattispecie di cui all’art. 455 codice penale, in un caso in cui la destinataria della banconota, che, nella specie, era una commerciante (e, dunque, un soggetto abituato a maneggiare denaro), si era accorta della non autenticità della banconota e l’aveva restituita al soggetto agente, in quanto, il fatto che la falsità venga riconosciuta da una persona esperta “non esclude che l’uomo comune possa essere tratto in inganno, non riuscendone a percepire, “prima facie”, la falsità”.
Spendita di banconote false: le precisazioni della giurisprudenza di merito sui reati ascrivibili all'utilizzatore.