I permessi retribuiti a fini di studio sono riconosciuti al personale scolastico dall’art. 37 del CCNL Istruzione e ricerca del 18.01.2024. Si legge testualmente che i permessi retribuiti, nella misura massima di centocinquanta ore annue individuali per ciascun anno solare, “sono concessi per la frequenza di corsi finalizzati al conseguimento di titoli di studio in corsi universitari, postuniversitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento pubblico e per sostenere i relativi tirocini e/o esami”.
Al comma 6 dell’articolo citato è stabilito che i criteri di priorità per la fruizione dei permessi per il diritto allo studio sono definiti in sede di contrattazione integrativa regionale. L’art. 37 richiamato stabilisce, infatti, oltre alla quantificazione dei permessi straordinari - nella misura massima di 150 ore annue individuali - anche la limitazione numerica dei beneficiari, pari al 3% del totale delle unità di personale in servizio all’inizio di ogni anno.
Inoltre, il precedente comma 5 prevede che il personale che fruisce dei permessi studio è tenuto a presentare alla propria amministrazione idonea certificazione in ordine alla iscrizione ed alla frequenza alle scuole ed ai corsi, nonché agli esami finali sostenuti.
In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali, con relativo recupero delle somme indebitamente corrisposte.
Tanto premesso, e ritornando al quesito di partenza, l’ ARAN, con il parere n. 126 fornito in data 17/02/2025, conferma l’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Corte di Cassazione, secondo cui per "frequenza ai corsi" deve intendersi la partecipazione alle lezioni coincidenti con l’orario di servizio, con esclusione della mera attività di studio (Cass. Civ., Sezione Lavoro, sent. n. 10344 del 2008 e sent. n. 17128 del 2013).
La Corte, infatti, afferma che “i permessi retribuiti possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi indicati nella clausola in orari coincidenti con quelli di servizio, non per tutte le necessità connesse all’esigenza di preparazione degli esami, ovvero per altre attività complementari ”.
A conferma di ciò, l’ARAN menziona anche la circolare n. 12 del 2011 del Dipartimento della Funzione Pubblica. In questo documento - si evidenzia - sono forniti ulteriori chiarimenti in materia di congedi e permessi per il diritto allo studio, soprattutto a seguito della sempre più ampia diffusione di corsi organizzati dalle università telematiche. La nota ministeriale ribadisce gli istituti finalizzati a garantire le esigenze di crescita culturale e professionale dei pubblici dipendenti, sottolineando - nel contempo - la necessità di contemperarle con il buon andamento dell’amministrazione e con le sue esigenze organizzative. Per quanto concerne, in particolare, la fruizione dei permessi per la frequenza dei corsi realizzati da università telematiche, si chiarisce che la stessa deve avvenire nel rispetto delle condizioni fissate dalla disciplina sui congedi, tale pertanto da essere subordinata alla presentazione della documentazione relativa all’iscrizione e agli esami sostenuti, nonché all’attestazione della partecipazione personale del dipendente alle lezioni.
Quindi - conclude l'ARAN - nel caso di università telematiche, in relazione alle lezioni erogate in modalità asincrona, non può che condividersi quanto affermato anche dalla Corte dei Conti Sicilia con la sentenza n. 171/2015 la quale, sull’argomento, evidenzia come il lavoratore abbia diritto a fruire dei permessi “solo nel caso in cui” provi alla propria amministrazione di appartenenza di aver seguito effettivamente lezioni trasmesse in via telematica, esclusivamente in orari e giorni coincidenti con l'orario di servizio.
Al comma 6 dell’articolo citato è stabilito che i criteri di priorità per la fruizione dei permessi per il diritto allo studio sono definiti in sede di contrattazione integrativa regionale. L’art. 37 richiamato stabilisce, infatti, oltre alla quantificazione dei permessi straordinari - nella misura massima di 150 ore annue individuali - anche la limitazione numerica dei beneficiari, pari al 3% del totale delle unità di personale in servizio all’inizio di ogni anno.
Inoltre, il precedente comma 5 prevede che il personale che fruisce dei permessi studio è tenuto a presentare alla propria amministrazione idonea certificazione in ordine alla iscrizione ed alla frequenza alle scuole ed ai corsi, nonché agli esami finali sostenuti.
In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali, con relativo recupero delle somme indebitamente corrisposte.
Tanto premesso, e ritornando al quesito di partenza, l’ ARAN, con il parere n. 126 fornito in data 17/02/2025, conferma l’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Corte di Cassazione, secondo cui per "frequenza ai corsi" deve intendersi la partecipazione alle lezioni coincidenti con l’orario di servizio, con esclusione della mera attività di studio (Cass. Civ., Sezione Lavoro, sent. n. 10344 del 2008 e sent. n. 17128 del 2013).
La Corte, infatti, afferma che “i permessi retribuiti possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi indicati nella clausola in orari coincidenti con quelli di servizio, non per tutte le necessità connesse all’esigenza di preparazione degli esami, ovvero per altre attività complementari ”.
A conferma di ciò, l’ARAN menziona anche la circolare n. 12 del 2011 del Dipartimento della Funzione Pubblica. In questo documento - si evidenzia - sono forniti ulteriori chiarimenti in materia di congedi e permessi per il diritto allo studio, soprattutto a seguito della sempre più ampia diffusione di corsi organizzati dalle università telematiche. La nota ministeriale ribadisce gli istituti finalizzati a garantire le esigenze di crescita culturale e professionale dei pubblici dipendenti, sottolineando - nel contempo - la necessità di contemperarle con il buon andamento dell’amministrazione e con le sue esigenze organizzative. Per quanto concerne, in particolare, la fruizione dei permessi per la frequenza dei corsi realizzati da università telematiche, si chiarisce che la stessa deve avvenire nel rispetto delle condizioni fissate dalla disciplina sui congedi, tale pertanto da essere subordinata alla presentazione della documentazione relativa all’iscrizione e agli esami sostenuti, nonché all’attestazione della partecipazione personale del dipendente alle lezioni.
Quindi - conclude l'ARAN - nel caso di università telematiche, in relazione alle lezioni erogate in modalità asincrona, non può che condividersi quanto affermato anche dalla Corte dei Conti Sicilia con la sentenza n. 171/2015 la quale, sull’argomento, evidenzia come il lavoratore abbia diritto a fruire dei permessi “solo nel caso in cui” provi alla propria amministrazione di appartenenza di aver seguito effettivamente lezioni trasmesse in via telematica, esclusivamente in orari e giorni coincidenti con l'orario di servizio.