La legge stabilisce che, per poter accedere alla pensione di vecchiaia, un lavoratore debba avere minimo 67 anni di età ed aver versato almeno 20 anni di contributi.
Tuttavia, il requisito dell’età minima può essere notevolmente ridotto per chi, a causa di una malattia cronica, abbia subito una riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore all’80%. In tali casi, il diritto alla pensione verrà acquisito con 6 anni di anticipo dagli uomini e 11 anni dalle donne.
L’INPS stabilisce nel dettaglio quali sono le malattie che comportano invalidità per chi ne è affetto ed in quale percentuale. A seconda della gravità dei casi e della relativa compromissione della capacità lavorativa, infatti, alla persona verrà attribuito un grado di invalidità. L’ente stabilisce le linee guida da osservare per l’accertamento degli stati invalidanti, il cui elenco viene reso disponibile alle commissioni incaricate di operare l’accertamento sulla gravità della malattia o della menomazione psico-fisica.
Di seguito sono indicate alcune delle principali malattie croniche invalidanti che possono anticipare il pensionamento:
• disfunzioni cardiache, disfunzioni dell’apparato respiratorio o digerente (ad es. infiammazioni intestinali croniche);
• l’aver subito trapianti di organi;
• patologie renali;
• diabete mellito;
• l’aver subito amputazioni;
• malattie degenerative neurologiche come ad esempio sclerosi multipla, morbo di Parkinson, epilessia, o anche patologie psichiche come depressione cronica o schizofrenia;
• completa o parziale sordità;
• completa o parziale cecità;
• sindrome di Down; sindrome di Patau;
• malattie rare, tra cui la sindrome di Edwards, la fibrosi cistica, l’Aids, la talassemia, l’artrite reumatoide;
• cancro.
Quelle sopracitate sono solo una parte delle malattie croniche per cui l’INPS conferisce il diritto al prepensionamento; per la consultazione dell’intero elenco si rimanda al sito internet dell’INPS, che elenca nel dettaglio tutte le condizioni di salute alle quali è subordinata la possibilità di fruire del pensionamento anticipato.
A disporre questa misura è il Decreto legislativo n. 503 del 1992 (le cui istruzioni applicative sono state introdotte con la circolare INPS n. 35 del 2012), mediante il quale viene offerta la possibilità di entrare in pensione anticipata a tutti coloro che, a causa delle sopraelencate patologie, abbiano subito una compromissione della propria capacità lavorativa pari o superiore all’80%. In tali casi, sempre a condizione che abbiano già versato 20 anni di contributi, ai soggetti di sesso maschile sarà possibile anticipare il pensionamento di 6 anni, mentre alle donne tale possibilità sarà data in anticipo di 11 anni rispetto all’età minima di 67 anni prevista generalmente dalla legge.
Tuttavia, va precisato che non è sufficiente il requisito dell’invalidità in sé: ai fini del prepensionamento è necessario considerare l’invalidità cosiddetta “specifica”, ossia l’effettiva compromissione della capacità lavorativa del soggetto in relazione alla mansione da lui svolta.
In altre parole, va considerato quanto la sua patologia gli renda difficile, o addirittura impossibile, continuare a svolgere il proprio lavoro.
Per coloro che, pur essendo affetti da una patologia invalidante, non riescono a raggiungere la percentuale minima per poter accedere alla pensione anticipata come sopra descritta, ci sono altre agevolazioni di cui poter fruire:
• Ape Sociale: le persone con invalidità pari ad almeno il 74% e che abbiano maturato almeno 30 anni di contributi, secondo quanto stabilito dalla circolare INPS n. 35/2024, potranno smettere di lavorare all’età di 63 anni e 5 mesi;
• Quota 41: i soggetti con invalidità pari ad almeno il 74% e che abbiano versato 41 anni di contributi possono andare in pensione a qualsiasi età, purché abbiano versato i primi 12 mesi di contributi entro i 19 anni di età;
• Opzione donna: a partire dal 2024, per poter ricorrere a tale forma di prepensionamento è necessario aver compiuto 61 anni di età ed aver versato, al 31 dicembre 2023, almeno 35 anni di contributi. Inoltre, a tale misura possono accedere solo le donne che abbiano i requisiti appena esposti insieme ad altri, tra cui figura il possesso di una percentuale di invalidità pari ad almeno il 74%;
• Assegno ordinario di invalidità: quando la capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo, ossia la percentuale di invalidità è pari ad almeno il 67%, il lavoratore che abbia versato almeno 5 anni di contributi, di cui 3 anni nel quinquennio precedente alla presentazione della domanda, potrà ricevere tale prestazione economica.
Dunque, per i lavoratori che siano parzialmente impossibilitati a svolgere il proprio lavoro a causa di un’infermità fisica o psichica tra quelle riconosciute come invalidanti, in presenza dei sopraelencati requisiti, sarà possibile ricorrere al prepensionamento, o a misure di sostegno economico.
Tuttavia, il requisito dell’età minima può essere notevolmente ridotto per chi, a causa di una malattia cronica, abbia subito una riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore all’80%. In tali casi, il diritto alla pensione verrà acquisito con 6 anni di anticipo dagli uomini e 11 anni dalle donne.
L’INPS stabilisce nel dettaglio quali sono le malattie che comportano invalidità per chi ne è affetto ed in quale percentuale. A seconda della gravità dei casi e della relativa compromissione della capacità lavorativa, infatti, alla persona verrà attribuito un grado di invalidità. L’ente stabilisce le linee guida da osservare per l’accertamento degli stati invalidanti, il cui elenco viene reso disponibile alle commissioni incaricate di operare l’accertamento sulla gravità della malattia o della menomazione psico-fisica.
Di seguito sono indicate alcune delle principali malattie croniche invalidanti che possono anticipare il pensionamento:
• disfunzioni cardiache, disfunzioni dell’apparato respiratorio o digerente (ad es. infiammazioni intestinali croniche);
• l’aver subito trapianti di organi;
• patologie renali;
• diabete mellito;
• l’aver subito amputazioni;
• malattie degenerative neurologiche come ad esempio sclerosi multipla, morbo di Parkinson, epilessia, o anche patologie psichiche come depressione cronica o schizofrenia;
• completa o parziale sordità;
• completa o parziale cecità;
• sindrome di Down; sindrome di Patau;
• malattie rare, tra cui la sindrome di Edwards, la fibrosi cistica, l’Aids, la talassemia, l’artrite reumatoide;
• cancro.
Quelle sopracitate sono solo una parte delle malattie croniche per cui l’INPS conferisce il diritto al prepensionamento; per la consultazione dell’intero elenco si rimanda al sito internet dell’INPS, che elenca nel dettaglio tutte le condizioni di salute alle quali è subordinata la possibilità di fruire del pensionamento anticipato.
A disporre questa misura è il Decreto legislativo n. 503 del 1992 (le cui istruzioni applicative sono state introdotte con la circolare INPS n. 35 del 2012), mediante il quale viene offerta la possibilità di entrare in pensione anticipata a tutti coloro che, a causa delle sopraelencate patologie, abbiano subito una compromissione della propria capacità lavorativa pari o superiore all’80%. In tali casi, sempre a condizione che abbiano già versato 20 anni di contributi, ai soggetti di sesso maschile sarà possibile anticipare il pensionamento di 6 anni, mentre alle donne tale possibilità sarà data in anticipo di 11 anni rispetto all’età minima di 67 anni prevista generalmente dalla legge.
Tuttavia, va precisato che non è sufficiente il requisito dell’invalidità in sé: ai fini del prepensionamento è necessario considerare l’invalidità cosiddetta “specifica”, ossia l’effettiva compromissione della capacità lavorativa del soggetto in relazione alla mansione da lui svolta.
In altre parole, va considerato quanto la sua patologia gli renda difficile, o addirittura impossibile, continuare a svolgere il proprio lavoro.
Per coloro che, pur essendo affetti da una patologia invalidante, non riescono a raggiungere la percentuale minima per poter accedere alla pensione anticipata come sopra descritta, ci sono altre agevolazioni di cui poter fruire:
• Ape Sociale: le persone con invalidità pari ad almeno il 74% e che abbiano maturato almeno 30 anni di contributi, secondo quanto stabilito dalla circolare INPS n. 35/2024, potranno smettere di lavorare all’età di 63 anni e 5 mesi;
• Quota 41: i soggetti con invalidità pari ad almeno il 74% e che abbiano versato 41 anni di contributi possono andare in pensione a qualsiasi età, purché abbiano versato i primi 12 mesi di contributi entro i 19 anni di età;
• Opzione donna: a partire dal 2024, per poter ricorrere a tale forma di prepensionamento è necessario aver compiuto 61 anni di età ed aver versato, al 31 dicembre 2023, almeno 35 anni di contributi. Inoltre, a tale misura possono accedere solo le donne che abbiano i requisiti appena esposti insieme ad altri, tra cui figura il possesso di una percentuale di invalidità pari ad almeno il 74%;
• Assegno ordinario di invalidità: quando la capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo, ossia la percentuale di invalidità è pari ad almeno il 67%, il lavoratore che abbia versato almeno 5 anni di contributi, di cui 3 anni nel quinquennio precedente alla presentazione della domanda, potrà ricevere tale prestazione economica.
Dunque, per i lavoratori che siano parzialmente impossibilitati a svolgere il proprio lavoro a causa di un’infermità fisica o psichica tra quelle riconosciute come invalidanti, in presenza dei sopraelencati requisiti, sarà possibile ricorrere al prepensionamento, o a misure di sostegno economico.