Ma a quali condizioni può essere concesso il porto d’armi?
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2417 del 6 giugno 2016, si è occupato proprio di questa interessante questione, fornendo alcune precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, l’agente di una società assicuratrice aveva chiesto al Prefetto di Lecce il rinnovo del porto d’armi per difesa personale.
L’agente, in particolare, aveva giustificato la propria richiesta sulla base della necessità di “difendersi da possibili aggressioni durante il trasporto di ingenti quantitativi di denaro presso istituti bancari”.
Il Prefetto, tuttavia, aveva rigettato la domanda, osservando che, le giustificazioni poste alla base della domanda di rinnovo non facevano emergere la necessità del possesso di un’arma , dal momento che il pericolo di aggressioni poteva essere evitato facendo a meno di trasportare materialmente il denaro presso le banche e utilizzando mezzi di pagamento a distanza (come, ad esempio, i bonifici bancari).
L’interessato decideva di impugnare il provvedimento del Prefetto e il TAR, che si era pronunciato nel primo grado di giudizio, aveva accolto il ricorso, annullando l’atto impugnato.
Il Ministero dell’Interno, ritenendo la decisione ingiusta, proponeva, dunque, appello dinanzi al Consiglio di Stato, nella speranza di ottenere la riforma della sentenza di primo grado.
Il Consiglio di Stato riteneva, in effetti, di dover dar ragione al Ministero, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava il Consiglio di Stato, infatti, che il Testo Unico in materia di porto d’armi (T.U. n. 773 del 1931) è stato emanato allo scopo di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica.
Infatti, la concessione del possesso di un’arma rappresenta un’eccezione rispetto al più generale divieto di detenere armi, stabilito dall’art. 699 cod. pen. e dall’art. 4 della legge n. 110 del 1975.
Secondo il Consiglio di Stato, quindi, il Prefetto può valutare se rilasciare o meno il porto d’armi, tenendo conto di vari fattori, come il particolare momento storico, la situazione generale esistente in un determinato luogo (ad esempio, in una città possono esserci organizzazioni criminali o un elevato livello di delinquenza) ed eventuali specifiche attività che vengano svolte dal soggetto richiedente.
Il Prefetto, in particolare, deve valutare in maniera rigorosa se rilasciare il porto d’armi, “tenendo conto della esigenza di evitare la diffusione delle armi”, soprattutto casi in cui ci si trovi in un luogo in cui è difficile la gestione dell’ordine pubblico.
Evidenziava il Consiglio di Stato, inoltre, che l’appartenenza del soggetto richiedente ad una determinata categoria lavorativa (nel caso in esame, agente assicurativo), non giustifica di per sé il rilascio della licenza.
Ebbene, nel caso di specie, secondo il Consiglio di Stato, il Prefetto aveva adeguatamente motivato la propria decisione di non rinnovare il porto d’armi, non avendo rilevato la sussistenza di adeguate ragioni giustificative e non ritenendo sufficiente il rilievo per cui il richiedente svolgeva il lavoro di agente assicurativo.
Di conseguenza, a detta del Consiglio di Stato, il TAR aveva sbagliato nell’annullare il relativo provvedimento prefettizio.
Sulla base di tali considerazioni, il Consiglio di Stato, in riforma della sentenza pronunciata dal TAR, accoglieva il ricorso proposto dal Ministero dell’Interno, confermando integralmente il provvedimento con cui il Prefetto aveva rigettato la richiesta di rinnovo del porto d’armi da parte dell’agente assicurativo.