Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva presentato istanza di ammissione al gratuito patrocinio, evidenziando di essere persona offesa per i reati di “maltrattamenti in famiglia” (art. 572 cod. pen.), “lesioni personali” (art. 582 c.p.) e “stalking” (art. 612 bis c.p.), per i quali era pendente un procedimento penale.
Il Giudice, dopo aver rilevato che non era stato indicato il reddito del soggetto istante e dell’eventuale nucleo famigliare, aveva rigettato l’istanza proposta, in quanto inammissibile ai ai sensi dell'art. 79, lett. c) del Testo Unico sulle spese di Giustizia.
Il soggetto in questione, dunque, aveva proposto opposizione avverso tale provvedimento di diniego, chiedendone l’annullamento.
Anche l’opposizione, tuttavia, veniva rigettata, per le medesime ragioni.
Evidenziava il Tribunale, in particolare, che l’art. 76, comma 4, del Testo Unico sopra citato, “nella formulazione attuale non prevede una ammissione ex lege al patrocinio della persona offesa dai reati di cui agli art. 572, 582 e 612 bis c.p., indipendentemente dal reddito dell'istante, ovvero che il giudice deve sempre ammettere la persona offesa al beneficio indipendentemente dal reddito”, bensì prevede che il giudice possa “ammettere al patrocinio a spese dello stato la persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis...”.
Pertanto, secondo il Tribunale, nell'esercizio di tale potere il giudice non poteva prescindere “dalla valutazione degli elementi di fatto, in particolare dal del reddito della persona offesa”.
Ritenendo la decisione ingiusta, il soggetto in questione proponeva ricorso per Cassazione, il quale, in effetti, veniva ritenuto almeno parzialmente fondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che “l'art. 76, comma 4 ter, T.U.S.G., dispone: ‘La persona offesa dai reati di cui agli artt. 572, 583 bis, 609 bis, 609 quater, 609 octies e 612 bis, nonchè, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli artt. 600, 600 bis, 600 ter, 600 quinquies, 601, 602, 609 quinquies e 609 undecies c.p., può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto’”.
Osservava la Cassazione, in particolare, che lo scopo di tale normativa era quello di “rimuovere ogni possibile ostacolo (anche economico) che possa disincentivare un soggetto, già in condizioni di disagio, ad agire in giudizio”.
Di conseguenza, secondo la Corte, il Giudice ha il dovere di accogliere l’istanza presentata dalla persona offesa da uno dei reati citati dall’art. 76 citato, dopo aver verificato l’esistenza di un “procedimento iscritto relativo ad uno dei menzionati reati”.
Secondo la Cassaizone, infatti, “la finalità della norma in questione appare essere quella di assicurare alle vittime di quei reati un accesso alla giustizia favorito dalla gratuità dell'assistenza legale”.
Dunque, precisava la Corte, “il giudice non potrebbe negare l'ammissione al beneficio solo sulla base della mancata allegazione della dichiarazione sostitutiva di certificazione, da parte dell'interessato, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste dall'art. 76 cit., dato che la norma in parola (il ridetto comma 4 ter) non individua massimi reddituali idonei ad escludere il diritto in argomento”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione annullava l’ordinanza con cui il Tribunale aveva rigettato l’istanza dell’ammissione a gratuito patrocinio presentata dal ricorrente.