Stando a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24054 del 12 ottobre 2017, sembrerebbe proprio di sì.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Torino aveva confermato la sentenza con cui il Giudice di Pace della stessa città aveva convalidato una multa comminata ad una società, per violazione dell’art. 142 Codice della Strada (eccesso di velocità).
Secondo il Tribunale, infatti, nel caso di specie, doveva ritenersi provata la colpa della società, nonostante la velocità rilevata dall’autovelox fosse di poco superiore rispetto al limite previsto per quel tratto di strada, già tenuto conto del limite di tolleranza di 5 km orari, previsto per legge.
A detta del Tribunale, in particolare, “oltre la tolleranza prevista per legge non potevano essere riconosciute altre tolleranze”.
Secondo il Tribunale, inoltre, il superamento del limite di velocità in questione era stato “senza dubbio percepibile dal conducente” e di certo non era stato “riconducibile ad un gesto involontario nel premere il pedale sull'acceleratore, potendo il superamento del limite della velocità essere percepito, anche sensorialmente”.
Ritenendo la decisione ingiusta, la società aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo la ricorrente, in particolare, “il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che lo scarto di velocità sanzionato per quanto minimo fosse percepibile sensorialmente”, non avendo lo stesso chiarito “in base a quali elementi potesse essere precipito un minimo scarto di velocità”.
Evidenziava la ricorrente, inoltre, che il Tribunale non aveva nemmeno chiarito “quale prova avrebbe dovuto fornire il ricorrente per dimostrare di essere esente da colpa”, avendo lo stesso dimostrato “la misura minima dello scarto di velocità” e non essendo stati provocati danni alla circolazione.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione alla società ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Rilevava la Cassazione, in particolare, che, nel caso in esame, il Tribunale aveva accertato il superamento del limite di velocità e aveva, del tutto adeguatamente, ritenuto che tale superamento fosse stato “senza dubbio percepibile dal conducente e, comunque, non riconducibile ad un gesto involontario, nel premere il pedale dell'acceleratore, potendo il superamento del limite della velocità essere percepito, anche, sensorialmente”.
Precisava la Cassazione, in proposito, che “il superamento del limite di velocità determina ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 3 (…), una presunzione di colpa del trasgressore”, che “non può essere superata con il ritenere che il superamento di velocità era minimo e, comunque, non aveva provocato danni alla circolazione”, in quanto tale presunzione di colpa non è “graduata” dalla legge ma è “collegata al superamento della velocità, quale che sia”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla società, confermando integralmente la sentenza impugnata.