Nel caso esaminato dal Tribunale, il Comune aveva emanato un'ordinanza con cui vietava ai conduttori di animali “di poter accedere alle spiagge durante la stagione balneare per l'intera giornata (dalle ore 08.00 alle ore 20.00)”.
Tale ordinanza veniva impugnata da un’associazione animalista, la quale lamentava la violazione della legge regionale n. 59/2009, in quanto “il divieto di condurre gli animali in spiaggia, anche laddove siano provvisti di guinzaglio e museruola, eccetto che nelle ore notturne (dalle 20.00 alle 08.00) e negli stabilimenti balneari in cui i concessionari abbiano creato delle apposite zone riservate ed ottenuto l’autorizzazione del Comune, contrasta con gli artt. 19, comma 1, 20 comma 1 e 22 comma 1 della legge regionale n. 59 del 2009”.
Secondo la ricorrente, inoltre, l’ordinanza avrebbe violato anche “il principio di proporzionalità alla luce della giurisprudenza richiamata, poiché l’autorità comunale avrebbe dovuto individuare le misure comportamentali ritenute più adeguate, piuttosto che imporre un divieto assoluto di accesso alle spiagge, il quale incide anche sulla libertà dei proprietari dei cani”.
Il T.A.R. riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava il T.A.R., infatti, come la legge regionale n. 59 del 20 ottobre 2009 prevedesse, all’art. 19, che “ai cani accompagnati dal proprietario o da altro detentore è consentito l'accesso a tutte le aree pubbliche e di uso pubblico, compresi i giardini, i parchi e le spiagge; in tali luoghi, è obbligatorio l'uso del guinzaglio e della museruola qualora previsto dalle norme statali”.
Al successivo art. 20, inoltre, la legge prevedeva che “i comuni possono, nell'ambito di giardini, parchi, spiagge ed altre aree destinate a verde pubblico, individuare, mediante appositi cartelli e delimitazioni, spazi destinati ai cani, dotati anche delle opportune attrezzature”.
Alla luce di tale normativa, dunque, secondo il Tribunale Amministrativo Regionale, doveva “ritenersi illegittimo il divieto generalizzato di accesso degli animali sulle spiagge, quanto meno laddove il provvedimento che lo impone non preveda contestualmente l’individuazione di idonei spazi riservati”.
In particolare, secondo il Tribunale, appariva violato anche il principio di proporzionalità, “che impone alla pubblica amministrazione di optare, tra più possibili scelte ugualmente idonee al raggiungimento del pubblico interesse, per quella meno gravosa per i destinatari incisi dal provvedimento, onde evitare agli stessi ‘inutili’ sacrifici”.
Il T.A.R., infatti, sosteneva in sentenza che “la scelta di vietare l’ingresso agli animali – e, conseguentemente, ai loro padroni o detentori – sulle spiagge destinate alla libera balneazione, risulta irragionevole ed illogica, oltre che irrazionale e sproporzionata: l’amministrazione avrebbe dovuto valutare se sia possibile perseguire le finalità pubbliche del decoro, dell’igiene e della sicurezza mediante regole alternative al divieto assoluto di frequentazione delle spiagge, ad esempio valutando se limitare l’accesso in determinati orari, o individuare aree adibite anche all’accesso degli animali, con l’individuazione delle aree viceversa interdette al loro accesso”.
In base a tali considerazioni, i giudici accoglievano il ricorso, annullando il provvedimento impugnato e compensando tra le parti le spese del giudizio, in ragione della particolarità della questione, oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale.