Vediamo più nel dettaglio quali sono i profili maggiormente a rischio e perché.
Durante il Forum PA del 21 maggio, che si è tenuto a Roma alla presenza anche del Ministro per la pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, è stata presentata la ricerca “L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego”.
Il rapporto annuale di FPA analizza l'impatto dell'intelligenza artificiale (IA) sul settore pubblico italiano, evidenziando come l'IA possa sostituire o arricchire le attività dei dipendenti pubblici. L'analisi si inserisce nel contesto delle trasformazioni del settore pubblico negli ultimi 15 anni, caratterizzate da:
- Spending Review (2007): Riduzione del personale e degli investimenti nella formazione in risposta alla crisi economica globale e alle misure di stabilizzazione dei bilanci imposte dall'Unione Europea;
- Pandemia Covid-19: Accelerazione dell'innovazione e digitalizzazione, con l'adozione di soluzioni digitali per garantire la continuità dei servizi pubblici e promuovere una maggiore flessibilità lavorativa.
Il rapporto sottolinea la necessità di riformare la formazione dei dipendenti pubblici, promuovendo competenze legate alla creatività, adattabilità, pensiero critico e laterale. Inoltre, si evidenzia l'importanza di una riorganizzazione delle strutture pubbliche verso una cultura sociotecnica più flessibile e orientata ai risultati.
Lo studio, quindi, fornisce un’importante analisi sulle conseguenze dell’utilizzo dell’I.A. anche nell’ambito delle attività della Pubblica amministrazione, con una massiccia automatizzazione di alcune posizioni lavorative.
Nonostante ciò, però, è bene sottolineare l’assenza di qualsiasi rischio, per i dipendenti pubblici, di perdere il proprio posto di lavoro. Infatti, qualora l’intelligenza artificiale dovesse essere effettivamente in grado di sostituirli nelle loro mansioni, gli stessi verranno semplicemente trasferiti in altri ruoli, senza quindi perdere il posto di lavoro.
La ricerca condotta dall’FPA fa un parallelismo tra l’avvento dell’I.A. e la crisi del 2007 e la pandemia da Covid-19 del 2020. Infatti, così come questi due ultimi eventi, anche l’implementazione dell’intelligenza artificiale nella Pubblica amministrazione rappresenta un importante cambiamento, cui la P.A. è tenuta a rispondere.
Inoltre, l’utilizzo dell’I.A. non deve per forza determinare una totale sostituzione del dipendente: la stessa infatti potrebbe anche, semplicemente, fungere da strumento a supporto dell’attività dei dipendenti pubblici.
Al fine di fornire alcuni dati statistici, la ricerca FPA ha utilizzato il metodo AIOE (Artificial Intelligence Occupational Exposure), elaborato da Edward Felten, che misura l’esposizione occupazionale all’IA, e lo ha adattato alle categorie professionali dei dipendenti pubblici.
I risultati ottenuti sono i seguenti:
- il 57% dei circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici è altamente esposto all’IA, pari a circa 1,8 milioni di lavoratori;
- il 28% è moderatamente impattato;
- il 15% subisce un’influenza minima o nulla.
Le professioni maggiormente a rischio sono:
- assistenti e operatori esperti amministrativi;
- personale direttivo e non dirigente con funzioni amministrative;
- tecnici, ricercatori e tecnologi;
- dirigenti scolastici e docenti;
- avvocati e magistrati;
- architetti e ingegneri;
- dirigenti sanitari e professionisti sanitari.
- funzioni centrali PA, settore esposto nel 96,2% dei casi;
- funzioni locali PA, settore esposto nel 93,5% dei casi;
- istruzione e ricerca, settore esposto nel 72,6% dei casi.
Tuttavia, secondo la ricerca, circa l’80% di tali lavoratori dovrà integrare le proprie competenze e il proprio lavoro con la nuova tecnologia, determinando quindi la nascita di una sinergia tra i vantaggi offerti dall’intelligenza artificiale e le competenze umane.
Secondo la ricerca invece, il 12% dei dipendenti altamente esposti (poco più di 218.000 lavoratori) rischia di essere sostituito. In particolare, si tratta di tutti quei lavoratori incaricati di svolgere compiti ripetitivi, che possono essere effettuati anche dall’I.A.
Infine, il restante 8% (circa 154.000 dipendenti, tra cui molte professioni del settore sanitario e diplomatico) è in una zona intermedia.
Dai dati emersi, inoltre, si evince che la maggiore sinergia è possibile nell’istruzione e nella ricerca, dove la percentuale di personale ad alta complementarità con l’I.A. è pari al 91,9%. Il rischio sostituzione è particolarmente rilevante, invece, nelle strutture centrali della PA, dove tocca il 47,4% (92.859 unità), ma anche nelle funzioni locali (23,8%, 109.801 unità).