L'Agenzia delle Entrate può procedere ad indagini bancarie sui conti correnti senza una preventiva autorizzazione? Di questo si è recentemente occupata la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4853 del 23.02.2024.
Nella vicenda esaminata, l'Agenzia delle Entrate, con avviso di accertamento, aveva recuperato maggior reddito, per la somma di euro 144.332,77 a fini Irpef, Irap e Iva, per l'anno di imposta 2006, e ciò a seguito di accertamenti bancari nei confronti del contribuente, che proponeva quindi ricorso.
Tale ricorso veniva parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto, che decurtava parte dell'imponibile.
In sede di appello, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia dava ragione al contribuente, dichiarando la nullità dell'accertamento, sulla base dell'illegittimità dell'acquisizione dei dati bancari, poiché l'autorizzazione a tali indagini non era stata richiesta e non era stata allegata all'avviso di accertamento, in quanto elemento costitutivo del medesimo.
L'Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione.
Ma cosa hanno deciso i giudici di Roma? Nell'ordinanza predetta, la Suprema Corte ha in primo luogo evidenziato che - come da consolidato orientamento di legittimità - in materia di indagini bancarie, la mancanza di autorizzazione, prevista dal d.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, primo comma, n. 7), per l'accertamento delle imposte dirette e, con riferimento all'IVA, dal d.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 7), ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l'inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio. E questo perché detta autorizzazione attiene soltanto ai rapporti interni, non vigendo, in materia tributaria, il principio dell'inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita.
Inoltre, nell'ordinanza viene specificato che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, non sussiste obbligo di allegazione dell'autorizzazione. E ciò perché la natura dell'autorizzazione prescritta dall'art. 51, comma 2, n. 7) del d.p.r. n. 633/1972, ai fini dell'espletamento delle indagini bancarie, riveste una funzione organizzativa, incidendo quindi nei rapporti tra uffici. Tale autorizzazione non richiede alcuna motivazione, con la conseguenza che la sua mancata allegazione ed esibizione all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite.
In particolare, la Corte, citando precedente giurisprudenza, ha evidenziato che l'esibizione tempestiva di tale autorizzazione non è indispensabile neppure ai fini del controllo della motivazione della stessa, considerato che, in tema di accertamento delle imposte sia dirette che indirette, l'autorizzazione necessaria agli uffici per l'espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall'indicazione dei motivi che ne hanno giustificato il rilascio. E ciò in quanto la legge non prevede alcun obbligo di motivazione, in relazione alla predetta autorizzazione, a differenza di quanto stabilito, invece, per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, dall'art. 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall'art. 52 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Inoltre, la Corte evidenzia altresì che la medesima autorizzazione, esplicando una funzione organizzativa, incidendo esclusivamente nei rapporti tra uffici, e avendo natura di atto meramente preparatorio, rientrante nella fase di iniziativa del procedimento amministrativo di accertamento, non è qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per cui è invece previsto l'obbligo di motivazione.
Ebbene, sulla base di tali considerazioni, la Cassazione ha giudicato erronea la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale, in particolare laddove ha ritenuto che l'autorizzazione dovesse essere allegata all'avviso di accertamento e adeguatamente motivata.
Ne deriva che, anche in assenza di autorizzazione, l'avviso di accertamento, scaturito in seguito ad indagini bancarie, è valido.
Nella vicenda esaminata, l'Agenzia delle Entrate, con avviso di accertamento, aveva recuperato maggior reddito, per la somma di euro 144.332,77 a fini Irpef, Irap e Iva, per l'anno di imposta 2006, e ciò a seguito di accertamenti bancari nei confronti del contribuente, che proponeva quindi ricorso.
Tale ricorso veniva parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto, che decurtava parte dell'imponibile.
In sede di appello, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia dava ragione al contribuente, dichiarando la nullità dell'accertamento, sulla base dell'illegittimità dell'acquisizione dei dati bancari, poiché l'autorizzazione a tali indagini non era stata richiesta e non era stata allegata all'avviso di accertamento, in quanto elemento costitutivo del medesimo.
L'Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione.
Ma cosa hanno deciso i giudici di Roma? Nell'ordinanza predetta, la Suprema Corte ha in primo luogo evidenziato che - come da consolidato orientamento di legittimità - in materia di indagini bancarie, la mancanza di autorizzazione, prevista dal d.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, primo comma, n. 7), per l'accertamento delle imposte dirette e, con riferimento all'IVA, dal d.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 7), ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia delle movimentazioni dei conti bancari, non implica, in assenza di previsioni specifiche, l'inutilizzabilità dei dati acquisiti, salvo che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio. E questo perché detta autorizzazione attiene soltanto ai rapporti interni, non vigendo, in materia tributaria, il principio dell'inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita.
Inoltre, nell'ordinanza viene specificato che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, non sussiste obbligo di allegazione dell'autorizzazione. E ciò perché la natura dell'autorizzazione prescritta dall'art. 51, comma 2, n. 7) del d.p.r. n. 633/1972, ai fini dell'espletamento delle indagini bancarie, riveste una funzione organizzativa, incidendo quindi nei rapporti tra uffici. Tale autorizzazione non richiede alcuna motivazione, con la conseguenza che la sua mancata allegazione ed esibizione all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite.
In particolare, la Corte, citando precedente giurisprudenza, ha evidenziato che l'esibizione tempestiva di tale autorizzazione non è indispensabile neppure ai fini del controllo della motivazione della stessa, considerato che, in tema di accertamento delle imposte sia dirette che indirette, l'autorizzazione necessaria agli uffici per l'espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall'indicazione dei motivi che ne hanno giustificato il rilascio. E ciò in quanto la legge non prevede alcun obbligo di motivazione, in relazione alla predetta autorizzazione, a differenza di quanto stabilito, invece, per gli accessi e le perquisizioni domiciliari, dall'art. 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall'art. 52 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Inoltre, la Corte evidenzia altresì che la medesima autorizzazione, esplicando una funzione organizzativa, incidendo esclusivamente nei rapporti tra uffici, e avendo natura di atto meramente preparatorio, rientrante nella fase di iniziativa del procedimento amministrativo di accertamento, non è qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per cui è invece previsto l'obbligo di motivazione.
Ebbene, sulla base di tali considerazioni, la Cassazione ha giudicato erronea la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale, in particolare laddove ha ritenuto che l'autorizzazione dovesse essere allegata all'avviso di accertamento e adeguatamente motivata.
Ne deriva che, anche in assenza di autorizzazione, l'avviso di accertamento, scaturito in seguito ad indagini bancarie, è valido.