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Conto corrente, arriva la presunzione legale bancaria: il Fisco potrà controllare e tassare prelievi e versamenti

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Conto corrente, arriva la presunzione legale bancaria: il Fisco potrà controllare e tassare prelievi e versamenti
Presunzione legale bancaria, la Cassazione ne conferma l'applicazione sui compensi ai lavoratori autonomi. Le ordinanze n. 21214 e n. 21220
Due provvedimenti recentemente emanati dalla Corte di Cassazione, le ordinanze n. 21220 e 21214, affrontano il tema delicato e spinoso della presunzione legale bancaria, di cui all'art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, riaffermandone la piena applicabilità - riguardante i versamenti su conto corrente - non solo ai redditi d’impresa ma altresì a quelli di lavoro autonomo.

La normativa odierna in materia di presunzione bancaria contiene una regola chiave: i soldi versati sul proprio conto corrente, se non giustificati, possono essere ritenuti reddito non dichiarato, ossia proventi in nero e soldi occultati al Fisco. La regola in oggetto è stata spesso al centro di dibattiti, tanto da imporre alla Cassazione di chiarire che la presunzione bancaria per i versamenti è una regola valida e applicabile altresì ai lavoratori autonomi.

Vero è che, su questi temi, si era già pronunciata la Consulta con la sentenza n. 228 del 2014, con cui, se da una parte era stato ritenuto costituzionalmente illegittimo il suddetto art. 32, collegato alle “presunzioni bancarie”, eliminando dal testo la parola “compensi”, dall’altra si era affermato l'essenziale concetto secondo cui le presunzioni legali in oggetto non potessero essere del tutto inapplicabili alle indagini finanziarie riferite ai percettori di reddito di lavoro autonomo.

Ebbene, quanto espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza - vale a dire la non applicabilità della presunzione ai compensi di lavoro autonomo - è circoscritto ai meri prelievi e non anche ai versamenti. Infatti nel testo si legge che la violazione dell’art. 53 della Costituzione è individuata dal fatto “che per il reddito da lavoro autonomo non varrebbero le correlazioni logico­ presuntive tra costi e ricavi tipiche del reddito d’impresa e il prelevamento sarebbe un fatto oggettivamente estraneo all’attività di produzione del reddito professionale, idoneo a costituire un mero indice generale di spesa”.

Questa linea è compatibile con la linea della dottrina maggioritaria, che ravvisa nell’art. 32 una duplice presunzione:
  • la prima riguardante i versamenti, che sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, se il contribuente non provi di averli considerati ai fini della determinazione del reddito soggetto a imposta o che non abbiano avuto rilevanza allo stesso scopo;
  • la seconda riguardante i prelievi, considerati ricavi se il contribuente stesso non ne dettaglia il soggetto beneficiario e se non emergono dalle scritture contabili.
Ebbene, nonostante ciò, alcuni giudici di merito hanno considerato che l’illegittimità costituzionale della disposizione in esame fosse collegabile sia ai versamenti che ai prelievi, sulla scorta del dato secondo cui - nella formulazione oggi in vigore - non è più presente il termine “compensi”. In considerazione di tale assenza, il contribuente ha fatto ricorso in Cassazione, sostenendo l'illegittimità degli avvisi di accertamento oggetto delle ordinanze succitate.

Tuttavia la Suprema Corte, ribadendo una consolidata linea giurisprudenziale, ha chiarito che niente è cambiato in merito alla presunzione legale disposta dall’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 e che, quindi, in relazione “ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo”, essi debbano essere posti alla base della quantificazione del reddito. Il contribuente sarà obbligato a dare prova contraria alla relativa presunzione legale.

L'orientamento si fonda su una lettura organica del primo comma del richiamato art. 32 che - nella parte riguardante i versamenti - usa il termine reddito, mentre quando si occupava dei prelievi usava la distinzione ricavi/compensi e, conseguentemente, l'eliminazione del termine compensi non può che attenere alla mera presunzione sui prelievi.

Concludendo, permane - anche per quanto riguarda i compensi - la possibilità del Fisco di usare i prelievi, non riconducibili ad alcun beneficiario o non registrati nelle scritture contabili, ai fini di provare l’inattendibilità delle scritture stesse o anche come indizio utile per confermare presunzioni semplici, che dimostrano l'uso da parte del libero professionista delle somme prelevate per acquisti riguardanti la produzione del reddito.

In estrema sintesi, la presunzione legale bancaria opera altresì sui compensi degli autonomi e per la Suprema Corte professionisti o lavoratori autonomi dovranno, in ipotesi di indagini, giustificare versamenti e prelievi compiuti su un conto corrente.

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