La norma di cui all’
art. 2 del D.lgs. 28 del 2010 illustra l’ambito di applicazione della mediazione, specificando che la stessa deve comunque vertere su
diritti disponibili. Sono disponibili quei diritti di cui il titolare può disporre mediante atti di trasferimento, di rinuncia, e di disposizione in generale.
Certa parte della dottrina ritiene che, in ogni caso, il fatto che la mediazione debba avere ad oggetto diritti disponibili non impedirebbe alle parti di esperire un tentativo di mediazione relativamente a diritti indisponibili, allorquando la finalità delle stesse non fosse quella di transigere su tali posizioni giuridiche soggettive ma, semplicemente, di affermarne e dichiararne il contenuto.
La disposizione dell’articolo 2, al secondo comma, afferma inoltre che la disciplina della legge non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche, né le procedure di reclamo previste dalle carte di servizi. Le carte di servizi sono dei documenti con i quali ogni ente erogatore assume una serie di impegni nei confronti della propria utenza riguardo ai propri servizi, alle modalità di erogazione degli stessi e agli standard di qualità, informando l’utente sulle modalità di tutela previste.
Per “negoziazioni paritetiche” si intendono, generalmente, le cosiddette conciliazioni “consumeristiche”, che si svolgono senza l’assistenza di un mediatore, presso gli uffici e gli sportelli di conciliazione delle aziende e dei gestori, con l’eventuale assistenza delle associazioni di consumatori. Si pensi, a titolo di esempio, alle conciliazioni in materia di telecomunicazioni, in materia bancaria, di trasporti e nell’ambito della fornitura di energia.
In particolare, nel caso di contenzioso tra utenti e operatori, l'utente che, pur avendo presentato reclamo, non riesca a risolvere il problema insorto con il proprio fornitore di servizi di comunicazione elettronica, può avviare la procedura prevista dal Regolamento per la soluzione delle controversie tra utenti ed operatori di comunicazioni elettroniche (cosiddetta “delibera n. 203/18/CONS”). Prima di poter agire in giudizio, infatti, l'utente ha l'obbligo di esperire un
tentativo di conciliazione, procedura extragiudiziale in cui le parti, aiutate da un soggetto terzo, tentano in modo amichevole di trovare una soluzione bonaria della lite.
Teoricamente, è possibile attivare anche dei procedimenti di mediazione “volontaria”, in casi e materie non previste dal decreto legislativo, con la finalità di trovare un accordo che risparmi alle parti gli ingenti costi di una causa civile. Ciononostante, tale possibilità non viene, ad oggi, sfruttata in maniera consistente, poiché la mediazione e le sue dinamiche appaiono attualmente ancora piuttosto farraginose.
Quel che vuol significare l’art. 2 in commento è che le materie oggetto di mediazione non sono solamente quelle contemplate dalla normativa sulla
Mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (condominio,
diritti reali,
divisione, successioni ereditarie, patti di
famiglia,
locazione,
comodato,
affitto di azienda, risarcimento del
danno da
responsabilità medica o da
diffamazione, contratti assicurativi, bancari e finanziari), ma, potenzialmente, anche tutte le altre materie su cui potrebbero astrattamente sorgere conflitti, purché, naturalmente, si tratti di diritti disponibili.