(massima n. 1)
Nella determinazione, con il criterio dell'equità, del tempo massimo del periodo di comporto per assenze frazionate, in mancanza di una disciplina collettiva delle conseguenze di tali assenze, il giudice deve tendere ad assimilare quanto più possibile questa forma di determinazione del tempo del comporto alle altre fonti indicate nell'art. 2110, secondo comma, c.c. il quale richiama l'equità come fonte di completamento del proprio contenuto precettivo e solo perché ipotizza una carenza delle altre possibili discipline legali o contrattuali prioritariamente richiamate e può quindi fissare il termine c.d. interno del comporto per sommatoria in un numero di giornate pari a quella prevista per assenze per un'unica malattia, identificando nel periodo di durata del contratto, individuato partendo a ritroso dalla data del licenziamento, il termine c.d. esterno, e cioè l'arco temporale in cui effettuare la somma dei vari episodi di malattia, atteso che in tal modo la valutazione del giudice risulta legata agli elementi costanti e riproducibili del rapporto in concreto esaminato così da essere, potenzialmente, riformabile anche in altre controversie ed estensibile a tutti i possibili rapporti appartenenti allo stesso settore produttivo e allo stesso settore di contrattazione collettiva.