(massima n. 1)
In caso di malattia del lavoratore, l'art. 2110, comma secondo, c.c. — il quale prevede che il recesso del datore di lavoro può essere esercitato solo dopo il protrarsi dell'impossibilità della prestazione per il periodo di tempo stabilito dalla legge, dalle norme collettive, dagli usi e secondo equità (cosiddetto periodo di comporto) — non va riferito esclusivamente alla malattia a carattere unitario e continuativo, ma deve ritenersi comprensivo anche dell'ipotesi di un succedersi di malattie a carattere intermittente e reiterato, ancorché frequenti e discontinue in relazione ad uno stato di salute malfermo (cosiddetta eccessiva morbilità). Ne consegue, stante la prevalenza dell'art. 2110 c.c. (disposizione speciale) sulla disciplina generale della risoluzione del rapporto di lavoro, che, anche nella ipotesi di reiterate assenze per malattia del dipendente, il datore di lavoro non può licenziarlo per giustificato motivo, ai sensi dell'art. 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ma può esercitare il recesso solo dopo il periodo all'uopo fissato dalla contrattazione collettiva, ovvero, in difetto, determinato secondo equità.