(massima n. 1)
La mancata concessione del riposo settimanale con definitiva perdita dello stesso da parte del lavoratore è illecita, contrastando (oltre che con l'art. 2109, primo comma, c.c.) con l'art. 36, terzo comma, Cost., e, in quanto tale, non può essere validamente disciplinata né da clausole di contratto collettivo, che sarebbero nulle ai sensi dell'art. 1418 c.c., né dalla legge, che sarebbe fondatamente sospettabile d'illegittimità costituzionale. L'attribuzione patrimoniale spettante al lavoratore (che abbia prestato la sua opera nel settimo giorno consecutivo) per la definitiva perdita del riposo ha natura non retributiva ma risarcitoria di un danno (usura psicofisica) correlato a un'inadempienza del datore di lavoro; e tale danno — che è oggetto (quanto all'an) di presunzione assoluta — non corrisponde necessariamente all'importo di una retribuzione giornaliera, ma deve essere determinato in concreto (eventualmente in via equitativa) dal giudice del merito, secondo una motivata valutazione che tenga conto della gravosità delle varie prestazioni lavorative e di eventuali strumenti ed istituti affini della disciplina collettiva, nonché di sue eventuali clausole che — a differenza di quelle (nulle e perciò inutilizzabili) direttamente regolamentatrici dell'ipotesi illecita suindicata — disciplinino solo gli aspetti risarcitori della (illecita) prestazione di lavoro nel settimo giorno con definitiva perdita del riposo. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio, suesposto, ha cassato, anche per vizi di motivazione e violazione di canoni di ermeneutica, la sentenza la quale aveva ritenuto che gli art. 16 e 17 del C.C.N.L. degli autoferrotranvieri del 1976 regolamentassero validamente l'ipotesi della prestazione lavorativa nel settimo giorno consecutivo senza recupero del riposo).