(massima n. 1)
In relazione al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, va tenuto distinto il danno da «usura psico-fisica», conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall'ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza, invece, in una «infermità» del lavoratore determinata dall'attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali. Nella prima ipotesi, il danno sull'an deve ritenersi presunto e il risarcimento può essere determinato spontaneamente, in via transattiva, dal datore di lavoro con il consenso del lavoratore, mediante ricorso a maggiorazioni o compensi previsti dal contratto collettivo o individuale per altre voci retributive; nella seconda ipotesi, invece, il danno alla salute o biologico, concretizzandosi in una infermità del lavoratore, non può essere ritenuto presuntivamente sussistente ma deve essere dimostrato sia nella sua sussistenza e sia nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall'illecito contrattuale. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., interpretando la domanda dei lavoratori — che avevano ammesso di avere ricevuto il risarcimento del danno da usura mediante maggiorazioni retributive previste per istituti contrattuali affini — come richiesta dall'ulteriore danno alla salute, l'aveva rigettata per mancanza di prova in ordine alla sussistenza di tale danno aggiuntivo).