(massima n. 1)
La qualifica di amministratore di una società commerciale non è di per sé incompatibile con la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della società stessa purché colui che intende far valere il rapporto di lavoro subordinato provi in modo certo l'elemento tipico qualificante di tale rapporto e, cioè, il requisito della subordinazione e purché egli non sia amministratore unico (situazione, quest'ultima, che esclude la possibilità di ricollegare ad una volontà «sociale» distinta da quella dell'unico amministratore la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro). Inoltre, nell'ipotesi in cui la pretesa sussistenza del rapporto di lavoro riguardi un amministratore di una società facente parte di un gruppo controllato da una società madre è necessario che la società con la quale si assume esservi stato il rapporto di lavoro abbia una propria soggettività giuridica. (Nel caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro tra l'amministratore unico di una società facente parte di un gruppo che era risultata essere un ente privo di struttura di impresa e dunque non reale centro di imputazione di rapporti giuridici, essendo ogni sua attività e bene strumentale da riferire alla società madre del gruppo stesso).