(massima n. 1)
L'elemento della subordinazione (che si connota, soprattutto, per l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro), che consente di distinguere il rapporto di lavoro di cui all'art. 2094 c.c. dal lavoro autonomo, non costituisce un dato di fatto elementare, quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto, potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze, richiedenti una complessiva valutazione (e ciò, in particolare, nei rapporti di lavoro, come quello giornalistico, aventi natura professionale ed intellettuale) che è rimessa al giudice del merito, il quale, perciò, a tal fine, non può esimersi, nella qualificazione del rapporto di lavoro, da un concreto riferimento alle sue modalità di espletamento ed ai principi di diritto ispiratori della valutazione compiuta allo scopo della sussunzione della fattispecie nell'ambito di una specifica tipologia contrattuale. Pertanto, se tale apprezzamento di fatto non è immune da vizi giuridici e non è supportato da un'adeguata motivazione, non si sottrae al sindacato di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito impugnata che, in tema di opposizione avverso un'ordinanza-ingiunzione emessa dall'I.N.P.G.I. per l'irrogazione di sanzioni in materia contributiva, aveva rilevato l'insussistenza del rapporto di lavoro subordinato con riguardo ad alcuni giornalisti sul presupposto del mero richiamo delle risultane emergenti dal verbale ispettivo, sicché la relativa motivazione appariva del tutto apodittica e, quindi, inidonea a sorreggere la predetta conclusione).