(massima n. 1)
In tema di danno esistenziale dedotto dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro — di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno —, il giudice può far ricorso alle presunzioni semplici, in quanto costituiscono una prova completa su cui basare il proprio convincimento, ma è necessario che la parte alleghi elementi di fatto i quali, per poter essere valorizzati come fonti di presunzione, devono presentare i requisiti, ex art. 2729 c.c., di precisione, gravità e concordanza, sì che da essi il giudice possa desumere, secondo un criterio di normalità, l'esistenza del fatto ignoto. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva escluso il danno esistenziale lamentato da una lavoratrice a causa della condotta omissiva datoriale che non aveva dato seguito, e neppure risposto, alla domanda di trasformazione del rapporto di lavoro da full-time in part-time, escludendo il nesso di causalità con la condotta omissiva contestata, per essersi la lavoratrice limitata a produrre in giudizio documentazione medica con diagnosi di astenia, verosimilmente riconducibile a stress, senza alcun ulteriore elemento che consentisse di ricollegare il predetto disturbo, quantomeno con rilevante probabilità, alla lamentata condotta omissiva).