(massima n. 1)
Il danno non patrimoniale da uccisione del congiunto non coincide con la lesione dell'interesse protetto, ma, in quanto danno-conseguenza, consiste in una perdita, ossia nella privazione di un valore (non economico, ma) personale, costituito dall'irreversibile venir meno del godimento del congiunto e dalla definitiva preclusione delle reciproche relazioni interpersonali, secondo le varie modalitą con le quali essi normalmente si esprimono nell'ambito del nucleo familiare; perdita, privazione e preclusione che, in relazione alle diverse situazioni, possono avere diversa ampiezza e consistenza in termini di intensitą e protrazione nel tempo. Da tanto discende che, non essendo configurabile nella specie un danno in re ipsa, esso deve essere allegato e provato da chi vi abbia interesse, senza che, peraltro, sia precluso il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni (sulla base di elementi obiettivi forniti dall'interessato), venendo in considerazione un pregiudizio che, diversamente dal danno morale soggettivo, si proietta nel futuro, e dovendosi inoltre avere riguardo al periodo di tempo nel quale si sarebbe presumibilmente esplicato il godimento del congiunto che l'illecito ha invece reso impossibile.