(massima n. 1)
In tema di contratto di mediazione, l'affare - da intendersi nel senso di qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio - deve ritenersi concluso, per effetto della "messa in relazione" da parte del mediatore, quando si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l'esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno; ne consegue che, ai fini del riconoscimento al mediatore del diritto alla provvigione, è sufficiente che la sua attività costituisca l'antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e atti strumentali, alla conclusione dell'affare, rimanendo irrilevante che le parti originarie sostituiscano altri a sé nell'operazione conclusiva, ovvero una parte sia receduta dal preliminare. (Nella specie, la S.C. ha, perciò, accolto il ricorso del mediatore e cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva negato il diritto del ricorrente alla percezione della provvigione malgrado avesse messo in relazione le parti per la stipula del preliminare, non potendosi ritenere ostativi in proposito né il successivo recesso di una delle parti originarie né la circostanza che l'affare fosse stato poi definitivamente concluso con altro soggetto).