(massima n. 1)
Per «conclusione dell'affare», dalla quale a norma dell'art. 1755 c.c. sorge il diritto alla provvigione del mediatore e con la quale coincide ex art. 2935 il dies a quo della relativa prescrizione, deve intendersi il compimento di un'operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, di un atto cioè in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l'adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno, sicché anche la stipulazione di un contratto preliminare è sufficiente a far sorgere tale diritto, sempre che si tratti di contratto definitivo o preliminare validamente concluso e rivestito dei prescritti requisiti e quindi di forma scritta ove richiesta ad substantiam (artt. 1350 e 1351 c.c.). Diversamente, per la prova dell'avvenuta conclusione dell'affare, sia al fine di rivendicare il diritto del mediatore alla provvigione; sia al fine di individuare il termine dal quale decorre la prescrizione di tale diritto, non trovano applicazione al riguardo le limitazioni di cui agli artt. 2725 e 2729 c.c., in ordine alla prova dei contratti dei quali sia richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem, le quali operano soltanto quando il contratto sia invocato come tale, cioè come fonte di diritti e di obblighi tra le parti contraenti, e non anche quando esso sia dedotto da un terzo, o dalle parti stesse, come fatto storico dal quale pur discendono conseguenze in ordine alla decisione.