(massima n. 1)
L'art. 1751 c.c., quale risulta a seguito delle novelle di cui ai decreti legislativi n. 303 del 1991 e n. 65 del 1999, esclude la garanzia generalizzata della indennità per il caso di scioglimento del contratto di agenzia, prevedendo invece precise condizioni alle quali è sottoposto il relativo diritto dell'agente, e non fissa né la misura né un alcun criterio di commisurazione della medesima indennità, stabilendo, in conformità alla normativa comunitaria attuata con i citati decreti legislativi, soltanto il tetto massimo della stessa, onde deve ritenersi che il legislatore abbia inteso rimetterne la determinazione alla contrattazione, collettiva o individuale, come si desume anche dal rilievo che nessuna modificazione è stata apportata all'art. 2 della legge 2 febbraio 1973, n. 12, che attribuisce all'Enasarco il compito di provvedere alla gestione dell'indennità di scioglimento del contratto di agenzia, con i contributi accantonati sulla base delle provvigioni. Ne consegue che non contrasta con il divieto di derogabilità a svantaggio dell'agente, stabilito dal penultimo comma dell'art. 1751 c.c., l'applicazione della normativa collettiva, in base alla quale l'indennità di scioglimento del contratto va rapportata alle provvigioni ricevute nel corso del rapporto, né la diversità di trattamento tra gli agenti in ambito europeo può ritenersi in contrasto con la direttiva 86/653/CEE, in quanto tale direttiva, lungi dal prefiggersi la parificazione dei trattamenti giuridici nell'ambito dell'Unione europea, detta norme programmatiche che necessitano di attuazione da parte degli Stati membri, i quali possono optare tra un modello fondato sulla riparazione del pregiudizio causato dalla risoluzione del rapporto e un altro basato sulla indennità di cessazione del rapporto.